Riceviamo e pubblichiamo un articolo pubblicato su “L’Opinione” a firma di prof. Fabio Marco Fabbri
viterbo,2.3.24
Omnium rerum vicissitudo est, nullo potentio perpetuo manet. Fuerunt Itali rerum domini, nunc Turchorum incubatur imperiunt.
“Nessun potere rimane in eterno” è la sintesi “volgare” del concetto espresso dal Papa Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini (1405-1464), dopo che l’islam conquistò Costantinopoli nel maggio del 1453. Non paragonando, ovviamente, le “dimensioni storiche” con nessun evento né moderno né contemporaneo, ritengo che la consapevolezza di tale concetto possa agevolare l’esistenza di coloro che hanno l’opportunità e la fortuna di “possedere lo scettro del comando”; privandosi di tale “astrazione”, il processo naturale conduce verso atteggiamenti con caratteristiche socio-comportamentali tendenzialmente “tossiche”.
Il 3 marzo in tutta Italia si celebreranno le elezioni per il rinnovo dei vertici del Grande Oriente d’Italia (Goi), che ha la sede ufficiale presso Villa Il Vascello a Roma. Stefano Bisi dopo un decennio, per raggiunti limiti di mandato, lascia la carica di Gran Maestro. È innegabile, vista la trasparenza dei fatti che hanno interessato e che interessano l’istituzione, conosciuti abbondantemente anche fuori dall’ambito massonico (il caso dello scrivente), che queste votazioni sono attese con speranza da buona parte degli affiliati all’Obbedienza. C’è una richiesta di cambiamento, per quanto viene dichiarato, di forte impatto. Ma quale tipologia di “cambiamento” viene promessa? Leggendo i programmi dei due candidati antagonisti alla corrente della Maestranza bisiana, si ravvedono variazioni nei metodi operativi. Leo Taroni – una laurea in Economia e Commercio, candidato alla Gran Maestranza con la Lista “Noi insieme” – parla di “impegnarsi per un Unico mandato”. Quindi scalzerebbe l’idea di croniche passioni (metallogènesi), spesso distanti dalla “missione”.
Personalmente, e in generale, ho forti dubbi sull’utilità del ripetersi dei mandati, soprattutto in politica, ma anche in qualsiasi contesto aggregativo umano, anche perché in alcuni casi, e particolarmente su alcuni “profili”, può generare nel tempo fisiologiche percezioni, spesso lontane dall’obiettivo teorico del Mandato. E che scaturiscono nel “soggetto” quella che ho definito la “sindrome da incarico”. Inoltre, vista la capillarità della Massoneria nel tessuto sociale, Taroni assicura nel suo programma una assoluta avversione verso la criminalità organizzata i cui adepti, a volte, tentano di strumentalizzare le istituzioni sane con finalità di “alta portata”, ma sappiamo bene che anche la politica non è estranea a tali rischi. Inoltre, il dialogo con la Chiesa è un altro elemento espresso nel programma di Taroni. Un tema complesso che vede dover dialogare, “apparentemente”, due processi mentali agli antipodi: quello adogmatico massonico con quello dogmatico della Chiesa. Eppure, ritengo che alzando il livello degli interlocutori, sicuramente non scaturirebbero particolari complessità comunicative. Ricordo che, attualmente e da tempo, il Goi ha favorito interlocuzioni con il mondo musulmano italiano; in teoria, assai più complesso in quanto parliamo di una religione che ha nel testo Sacro il suo “testo giuridico”.
L’altro candidato alla Gran Maestranza è l’avvocato Pasquale La Pesa con la lista “Palingenesi tradizionale”; i suoi obiettivi muovono verso la necessità di salvaguardare e recuperare i principi iniziatici che competono a un Ordine massonico. Quindi, l’aspetto “tradizionale” è considerato essenziale e imprescindibile per l’esistenza della Massoneria. Così – per la lista La Pesa – la Loggia deve essere il biotopo per la meditazione, per lo studio e dove l’adepto può concretamente crescere nella consapevolezza dell’appartenenza. Dalla lettura del programma, pubblicato sui social, risulta che viene statuita l’abolizione del doppio mandato per il Gran Maestro, e soprattutto la riduzione totale o parziale del lauto compenso tutt’oggi previsto per tale carica. Fattore che selezionerebbe senza dubbio gli aspiranti, in quanto dovranno essere economicamente autonomi, non potendo contare sull’appannaggio del Goi. A ciò va aggiunta l’abrogazione delle cosiddette liste bloccate e del quorum del 40 per cento in presenza di un numero liste superiore a due. La lista di Tonino Seminario candidato alla carica di Gran Maestro risulta espressione dell’attuale vertice del Goi; il programma è espressamente strutturato sui Doveri che il Grande Oriente d’Italia ha nei confronti degli affiliati, ribadendo che sarà seguito il tracciato dall’attuale giunta uscente.
Insomma, programmi che si confrontano su una bilancia dove l’innovazione si contrappone allo status quo. Domenica 3 marzo oltre diciassettemila Maestri andranno a votare per la nuova Gran Maestranza. Ma quello che è evidente che il Goi si trova davanti a un bivio. Parlare di “bivio” in Massoneria potrebbe sembrare paradossale, ma in effetti osservando e leggendo le dinamiche “elettorali” che tratteggiano il rinnovo della carica del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, tanto paradossale non appare.
Il Bivio: potrebbe essere il titolo di un film. Ma collocare questo concetto “socio-geografico” su una “strada” che, per antonomasia, dovrebbe essere tracciata con elevate conoscenze muratorie, fa immaginare che qualcosa è stato perso circa i principi strutturali dell’Obbedienza massonica. Soprattutto c’è il desiderio che tali strutture “etiche e morali” possano essere ripristinate e rafforzate. Tuttavia, la Massoneria italiana ha dimostrato sia nel 1908 che 1993 – tanto per restare stretti – che i bivi esistono e vengono imboccati convintamente.
I miei studi storici universitari, e le mie successive ricerche, mi hanno avvicinato, con umiltà, alla conoscenza storica di questa Obbedienza. La professoressa Silvia Berti Di Vittorio, nipote di Giuseppe Di Vittorio, “padre” della Cgil e altro, è stata la mia “Maestra” alla Sapienza, da dove mi ha condotto verso gli studi illuministici. Un percorso avvincente e “illuminato” che non poteva non accompagnarmi verso lo studio della Massoneria.