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“Regione Tuscia”, la ideò Bonaventura Tecchi, il GAL (Gruppo azione locale) la riscopre

La Tuscia:, un territorio, una patria

Per gentile concessione dell’amico Marco Fabio Fabbri e di “Orvietonews”

Viterbo, 14.1.24

Nel 1947 fu pubblicato il giornale “Tuscia”, numero unico a cura del Comitato Viterbese “Pro Regione Tuscia” (in mio possesso), dove tra le numerose considerazioni di intellettuali e politici viterbesi, vissuti a cavallo del primo cinquantennio del XX secolo, spicca la visone storico-politica del bagnorese germanista Bonaventura Tecchi (1896-1968), che con il suo contributo fotografa, in modo limpido, la realtà sociologica dell’area della Tuscia.

Nell’articolo di apertura di detta pubblicazione, dal titolo “Aspetti della nostra Regione”, viene fatta una analisi delle similitudini e delle diversità culturali e sociali che sono presenti nell’area definita Tuscia, che va dalla zona dell’orvietano a quella civitavecchiese, passando per estremi lembi come quello aquesiano, casualmente ubicato nel Lazio, affacciato sui “…costoni e dirupi pietrosi in faccia a Radicofani, desolati e insieme gentili…” .

Come rileva Tecchi i caratteri distintivi della Tuscia si identificano nel “non essere”: non essere né Toscana né Umbria ma tantomeno Lazio; infatti, condividendo a pieno quanto riporta riferito a considerazioni storiche: il nome Lazio appartenne solo ad una determinata regione dall’altra parte del Tevere, fu dimenticato dopo l’Impero, per riapparire in tempi relativamente recenti”. Bonaventura Tecchi sottolinea quel connubio tra la grandezza di Roma ed il misticismo e la Fede degli Etruschi, che distinsero questa comunità dal resto degli abitanti della costituenda Regione Lazio, accomunandoli maggiormente con le popolazioni di parte dell’Umbria e parte della Toscana.

Non indugiando su tale affascinante, ma altrettanto triste perché disattesa, speranza, di cui Tecchi era tra i più convinti sostenitori, in quanto identificava in una bolla sociologica distinta questa area, forse non casualmente, o forse un desiderio semi esaudito del Tecchi, l’Europa – l’Unione Europea -,  con le sue “politiche regionali” ha forse dato la possibilità di aggregare una parte di questo suggestivo territorio.

Così nell’ambito del programma Leader, che significa collegamento tra le azioni di sviluppo dell’economia rurale, e che rientra nella Politica Agricola Comune Europea (Pa),c i primi di dicembre, dopo un impegnato periodo di organizzazione e di progettazione, è stato destinato al neonato Gal (Gruppo di Azione Locale) Tuscia, uno stanziamento di 6.470.000 euro da distribuire su progetti di interesse locale sul territorio.

La identificazione geografica comprende 27 Comuni, in provincia di Viterbo, ubicati tra l’area della Teverina e estremo nord Lazio ai confini con la Toscana. La strategia di sviluppo locale consisterà nel puntare sulla preservazione e valorizzazione dei molteplici asset del territorio, ambiente di vita, patrimonio, risorse naturali, e sull’attuazione della transizione ecologico/energetica per migliorare la qualità della vita e del lavoro nell’area.

Quindi le schede d’azione saranno incentrate sul sostentamento dell’ecoturismo, sullo sviluppo di un’economia sostenibile basata sulla valorizzazione delle risorse locali, sul migliorare il benessere sviluppandolo insieme nella regione, ma anche in prospettiva avviare una cooperazione tra territori nazionali e europei.

Il Gal Tuscia è composto da circa trenta partner pubblici e una decina di partner privati. La struttura è organizzata con un Consiglio di Amministrazione, CdA, composto dal presidente Stefano Augugliaro, imprenditore, il vicepresidente Giuseppe Fraticello, l’imprenditore Piero Camilli, il sindaco di Piansano Roseo Melaragni e il giornalista e storico Fabio Marco Fabbri.

A breve si riunirà il primo CdA – che forse non casualmente ha la sede legale nel comune di Bagnoregio-, che darà il via a questo processo di “vitalizzazione” territoriale all’interno del quale i quasi sei milioni e mezzo di euro – è il Gal più grande della Regione -, potranno contribuire a far crescere queste comunità con investimenti sostenibili, e sicuramente strutturali al territorio, quindi non effimeri o fine a sé stessi. Magari esaudendo in parte il desiderio del professor Bonaventura Tecchi.

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