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Allora, forse è proprio vero, i rifiuti nucleari non verranno da noi, se li tiene Trino Vercellese

Prima o poi, il Deposito nazionale va realizzato.

Un impianto di stoccaggio all’estero

di Andrea Stefano Marini Balestra

Viterbo,15-1-24

In un nostro editoriale dello scorso 2 dicembre annunciammo che, non per merito dei nostri amministratori, ma del Sindaco del Comune di Trino Vercellese, le scorie nucleari, di cui la Tuscia ne sarebbe diventato maggior sito di stoccaggio (21 su 51), non sarebbe evvenuto.

Poi, successive smentite ed anche conferme che tutto sarebbe restato come prima, cioè, quelli indicati dalla SOGIN in 21 sito nel viterbese.

A questo punto è ripartita la “guerra” contro l’ipotesi di interrare nella Tuscia i rifiuti radioattivi.

In testa, ovviamente, da subito gli agricoltori (vedasi nostro editoriale 13 ottobre 23), seguiti dai sindaci e dal Presidente della Provincia di Viterbo in cerca di facile consenso, ma però un supporto scientifico per negare il programma.

Innanzitutto, vediamo cosa siano i rifiuti nucleari.

“Si definisce rifiuto radioattivo ogni materiale derivante dall’utilizzo pacifico dell’energia nucleare o di altre tecnologie nucleari, che contenga isotopiradioattivi, e di cui non è previsto il riutilizzo. Lo scarto di combustibile nucleare esausto derivante dalla fissione nucleare nel nocciolo o nucleo del reattore nucleare a fissione rappresenta la forma più conosciuta di rifiuto radioattivo, oltre che una delle più difficili da gestire in virtù della sua lunga permanenza nell’ambiente; ma anche altre attività umane portano alla produzione di questo tipo di rifiuti” (Wikipedia).

Pertanto, non sono scorie nucleari in Italia lo scarto di combustibile esausto proveniente da centrali elettriche perchè in Italia non ce ne sono più, ma solo i residui delle attività tecniche che utilizzano materiali radioattivi, come, per tutti, nella medicina dove nella diagnostica si utilizzano tali materiali.

Le scorie prodotte da tale titpo di attività sono a bassa intensità come riconosciuto internazionalmente (Classifica IAEA del 1981), quindi di smaltimento semplificato perchè considerati in Italia come Rifiuto radioattivivo di prima categoria.

In definitiva, poichè in Italia non possono esistere scorie provenienti da impianti di produzione energetica, ma soltanto residuo smaltimento ormai da decenni avviato di scorie di tale tipo, salvo il loro riuso, nei siti indicati dalla SOGIN in territorio di Tuscia, avverrà soltanto per quelli di minore intensità.

La battaglia degli scienziati pro e contro i depositi di stoccaggio è in parte dovuta, forse, non solo a motivi strettamente scientifici, ma ideologici.

Rifiuto del nucleare a tutti i costi. E basta.

Essendo ovvio che anche in assenza di impianti che possano necessitare di importanti quantità di combustibili nucleare, in medicina ed altre attività dell’uomo, il ricorso a materiali radioattivi, è inevitabile, come inevitabile la conservazione delle scorie e fine dell’utilizzo.

Non si può rinunciare all’uso di tali materiali in un mondo nel quale oggi viviamo, Si dovrà solo prestare attenzione che il deposito di scorie sia effettuato nela massimo della sicurezza per evitare sversamenti che possano inquinare i terreni.

Prima di protestare, è necessario conoscere dove e che in che modo verranno stoccati i rifiuti di origine radioattiva, Gli amministratori dei comuni interessati (21 in prov. di Viterbo) si interessino di conoscere esattamente quali siano i luoghi prescelti e se effettivamente siano corrette le valutazioni fatte. Non crediamo che i tecnici che ebbero elaborare la mappa abbiano avuto intenzione di danneggiare la provincia di Viterbo ivi ponendo maggiori siti rispetto ad altri. Ci saranno stati studi tecnici in proposito anche se oggi da qualcuno contestati.

Intanto, il Comune di Trino Vercellese, proprio dove colà esisteva una centrale elettrica nucleare, ha dato una sua disponibilità, come a suo tempo fu data per la costruzione della centrale.

Evidentemente, se ci fu allora (1961) un ok alla centrale è perchè la zona fu stata ritenuta geologicamente sicura, quindi attualmente idonea per stoccaggio scorie, anche se non attualmente indicata dalla mappa della SOGIN.

Non si può perdere ulteriore tempo per la realizzazione del Deposito Nazionale stante l’aumento della produzione di scorie proprio provenienti da centri medici ospedalieri. Stoccare fusti gialli con indicato sopra il logo pericolo mortale in attesa di definitivo deposito in sicurezza, proprio non basta. Non crediamo che una class action dei comuni e Province del Lazio da proporre al TAR entro il 11 Febbraio, dopo che i singoli consigli Comunali si saranno espressi (quello di Viterbo è in calendario il 23. prossimo) possa avere esiti scientifici positivi, ma solo di facciata (“protesto, ergo sum”) ma certamente quello di porre ostacoli alla realizzazione del Deposito Nazionale il cui rimando non può essere praticato.

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