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Ucraina nella Comunità Europea, una risorsa ? No, per l’agricoltura italiana un disastro

Il risvolto negativo dell'allargamento europeo

Un’altra stella, o, un’altra spina

Redazione

Viterbo,16.12.23

Se da una parte l’ingresso prossimo della Ucraina, insieme alla Moldavia, nella Comunità Europea viene salutato come la riprova della volontà dei popoli europei di unirsi per condividere il percorso della storia che in passato esistette, ma che soltanto “esigenze” politiche lo hanno poi separato, nonchè per lo smacco politico alla Russia che perde suoi “territori” una volta di sua influenza, vanno però considerate le conseguenze economiche di questo allargamento,

L’Ucraina, un territorio pianeggiante, sito in latitudine moderata, sin dai tempi dell’antica Roma considerata il granaio d’Europa, anzi, ai loro tempi dell’intero mondo conosciuto, poi ,nei secoli, le sue terre hanno sfamato l’Impero Russo zarista, poi quello comunista ed oggi, con le sue esportazioni di grano il resto del mondo, Africa compresa.

Ma in Ucraina, non solo produce cereali, ma anche vanta coltivazioni agricole di ogni genere, salvo quelle mediterranee. Quindi, per la l’agricoltura italiana un pericolo enorme quello di concorrere in un mercato comune europeo con una potenza agricola quale è l’Ucraina.

Avremo da quella Nazione cereali a buon prezzo senza dazi, avremo prodotti agricoli in concorrenza con i nostri e, per quanto riguarda la Comunità europea la necessità di un adeguamente della politica agricola comunitaria che dovrà fare i conti con un colosso cui dovranno concedersi i benefici degli aiuti comunitari con evidente riformulazione, che in soldoni, significa meno erogazione di aiuti, PAC in testa.

Non sarà impossiibile che, con l’entrata nel mercato comune della Ucraina, alcuni settori industriali europei possano avere nuovi convenienti mercati, ma per l’agricoltura, un danno è alle porte.

La produzione agricola nelle pianure dell’Ucraina, un territorio vasto quanto mezza Europa, è altamente economica sia per la stabilità climatica, anche se in inverno spesso severa, ma sopratutto per i costi energetici di manodopera e di fertilizzazione e trasporti, per cui, sarà certa una diminuzione dei prezzi del prodotto finito con la conseguenza di rendere la produzione italiana fuori controllo.

Cosa fare ? Poco, solo sperare che le trattative di Bruxelles, non vengano soltanto guidate da logiche industriali, ma tengano conto delle esigenze agricole del resto d’Europa, Italia in testa, che proprio da una politica agricola comunitaria ci ha sempre rimesso di fronte ai colossi Francia e Germania, figuriamoci adesso con un altro colosso ad oriente del continente.

Sarà un duro compito per i nostri ministri dell’Agricolura difendere gli interessi italiani e di milioni di aziende agricole italiane.

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