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28,29,30 dicembre 1870, Roma finisce sott’acqua del Tevere, ma non c’erano macchine diesel

Dicembre 1870, Roma in barchetta

Redazione

Viterbo,31.12.23

Ci fu chi disse che fu una maledizione dei papalini che nel mese di settembre avevano visto la loro capitale occupata dalle truppe piemontesi ed anche una punizione divina per l’oltraggio alla sede pontificia, ma in realtà, giornate di pioggia continua avevano ingrossato il Tevere ed i suoi affluenti nel suo bacino, in tempi in cui nessuno parlava di “cambiamento climatico”, ma pazza “normalita” climatica.

Per le distruzioni in città e per l’alto numero di vittime, il neonato Stato Italiano corse ai ripari, Oggi, dopo un disastro simile si sta solo a discettare come impedire la circolazione auto e proibire l’accensione di caminetti.

Ovviamente non è la stessa cosa !

Vediamo come fu risolta la secolare minaccia del Tevere a Roma ricordando quegli eventi-

L’inondazione di Roma del 1870, provocata da uno straordinario straripamento del Tevere, rappresenta uno dei momenti cruciali nella storia della città eterna. Il 28 dicembre di quell’anno, poco più di due mesi dopo la breccia di Porta Pia, il fiume Tevere ruppe gli argini, raggiungendo una straordinaria altezza di 17,22 metri, la maggiore dal 1637.
L’impatto fu devastante, con allagamenti che colpirono diverse parti della città. La situazione, accentuata dalla mancanza di adeguate difese, portò a una riflessione seria sulla necessità di proteggere Roma dalle inondazioni. Nel tentativo di affrontare questa emergenza, il 1º gennaio 1871 fu istituita una commissione di studio, ma in quattro anni non produsse risultati concreti.
La situazione iniziò a sbloccarsi nel 1875 grazie all’impulso di Giuseppe Garibaldi, arrivato a Roma come parlamentare. Garibaldi, nel presentare un progetto di deviazione del Tevere e dell’Aniene, cercò di affrontare la questione in modo deciso. Tuttavia, nonostante il dibattito acceso e la proposta di deviare il corso del fiume, prevalse il progetto dell’Ing. Raffaele Canevari, che prevedeva invece la costruzione di alti muraglioni di travertino lungo il Tevere.
Questi muraglioni avrebbero dovuto contenere le piene e racchiudere un alveo più ampio. Inoltre, furono previsti collettori per convogliare le acque delle fognature più a valle, risolvendo così il problema millenario degli allagamenti nelle zone basse di Roma attraverso le cloache.
L’opera di realizzazione dei muraglioni durò quasi mezzo secolo, terminando nel 1926, liberando la città dalla minaccia costante delle inondazioni.
La successiva grande piena del 17 dicembre 1937, paragonabile a quella del 1870, causò nella città solo modesti allagamenti, dimostrando l’efficacia delle nuove difese strutturali.

Conclusione. Roma, dopo i muraglioni non fu più sommersa, però perdette la caratteristica di città fluviale che ne aveva rappresentato il suo volto per millenni.

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