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L’associazione Lago di Bolsena offre una lezione sui “pericoli” della geotermia nella Alta Tuscia

riceviamo e pubblichiamo

Viterbo, 3.20.23

Puer non condividendo i punti di vista dell’Associazione Lago di Bolsena che si prende la facoltà di imporre la lettura di sue considerazioni non essendo nelle condizione poterle dare non essendo tecnico della materia, pubblchiamo un loro Comunicato stampa per pura informazione. Ricordiamo, solo per inciso, che la geotermia non è una novità nella nostra Nazione perchè esite da oltre cent’anni. Piero Ginori Conti attivò in Toscana, nel paese di Larderello il primo impianto geotermico nel mondo nel 1911. Oggi, la centrale elettrica alimentata con le acque geotermiche serve un milione di famiglie.

Geotermia a Latera: una minaccia per i nostri acquiferi
L’impianto è composto da una centrale collegata a pozzi di estrazione e pozzi di reiniezione
distanti fra loro 2 km. Il fluido estratto, che ha una temperatura di oltre 200°C, raggiunge la
centrale dove cede calore per produrre energia elettrica, poi, raffreddato per la cessione di
calore, viene reiniettato nel sottosuolo.
Sia i pozzi di produzione che quelli reiniezione attraversano in successione tre strati del
sottosuolo: uno superficiale costituito da vulcaniti che contengono l’acqua utilizzata nelle reti
potabili e irrigue; uno strato argilloso definito “aquiclude”, che secondo il progetto costituisce
una copertura impermeabile, e infine penetrano nello strato al fondo, costituito dalla roccia
carbonatica che contiene il fluido geotermico. Il progetto assume che non vi sia
comunicazione idraulica fra gli acquiferi superficiali e l’acquifero profondo geotermico.
È un punto sul quale esprimiamo molti dubbi per due motivi. Il primo è che lo strato
intermedio, presunto impermeabile, è di uno spessore molto ridotto e in alcune zone
addirittura assente, il secondo è che sono presenti numerose faglie verticalizzanti (cioè piani
di rottura nella roccia) che possono diventare facili vie di comunicazione fra l’acquifero
geotermico profondo e gli acquiferi superficiali. L’assenza di un’efficace separazione tra i
due acquiferi è dimostrata dall’affiorare spontaneo, in numerosi luoghi, di acqua solforosa,
come ad esempio lungo la strada che va da Valentano al lago di Mezzano. Questo già
nell’attuale stato di equilibrio indisturbato. In presenza di pressioni o depressioni causate
dell’impianto geotermico molte altre faglie, ora inattive, diventerebbero vie di
comunicazione.
I pozzi estrattivi dell’impianto estraggono fluido geotermico dallo strato di rocce carbonatiche
creando una zona in depressione che richiama fluido dalla zona circostante, al contrario i
pozzi di reiniezione creano una zona di sovrapressione che spinge i fluidi all’intorno. Il
progetto sottintende che all’interno delle rocce carbonatiche avvenga un rircircolo, ossia che
i fluidi reiniettati defluiscano dalla zona in sovrapressione verso la zona di depressione
riscaldandosi nuovamente lungo il percorso di 2 km.
Non è certo che il ricircolo avvenga. È probabile che le numerose faglie creino, come nel
campo geotermico dell’Alfina, compartimenti stagni nelle rocce carbonatiche e che, oltre a
facilitare i flussi verticali, ostacolino i flussi orizzontali e il ricircolo.
Inoltre l’acqua va e viene dove trova la via più facile. Nelle vicinanze dei pozzi di estrazione
la depressione richiamerà attraverso le faglie acqua dalla falda superficiale causando un
consumo del quale non abbiamo bisogno; nella vicinanza della zona di reiniezione la
sovrapressione farà far risalire attraverso le faglie fluido geotermico negli acquiferi
superficiali, fatto gravissimo perché tale fluido contiene sostanze cancerogene fra le quali
l’arsenico.
Non è ammissibile l’inquinamento e il depauperamento della preziosa risorsa di acqua dolce
costituita dagli acquiferi del lago di Bolsena, del lago di Mezzano e del sistema fluviale Fiora-
Olpeta. Inoltre, questi acquiferi sono tutelati come parte costitutiva dei rispettivi siti Natura
2000.
Associazione Lago di Bolsena OdV – Bolsena Lago d’Europa APS

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