Riceviamo e pubblichiamo
Viterbo,28.10.23
Nessuno
di noi può essere contrario alle energie rinnovabili, anche perché nessuno come
noi sta subendo già da tempo gli effetti negativi di un cambiamento
climatico che colpisce a ripetizione le nostre campagne e le nostre colture.
Questo non significa però che non si debbano fare una serie di valutazioni
prima di dare semaforo verde a qualsiasi tipo, forma o modo di produrre energia
rinnovabile. Non possiamo pensare che la lotta al cambiamento climatico
consenta di derogare al buon senso, alla logica, all’equità, al rispetto di
alcune regole non necessariamente scritte. Il primo passo in questo senso
potrebbe essere quello di tenere informata la popolazione viterbese sugli
sviluppi del rinnovabile perché credo che certe scelte debbano
essere fatte con criterio e valutandone e dibattendone tutti gli aspetti.
Abbiamo però visionato le procedure in essere o già ultimate per
autorizzare la costruzione di impianti fotovoltaici ed eolici nella Tuscia e mi
sembra che in realtà una scelta chiara e precisa sia stata già fatta: si vuole
privilegiare il grandissimo impianto piuttosto che i piccoli o medi diffusi su
tutte le campagne. Si sta autorizzando la costruzione di circa 200 torri
eoliche da 250 metri di altezza (una dimensione quasi doppia rispetto alle pale
eoliche di Piansano), nonché di numerose altre di altezza inferiore, il tutto
accompagnato da migliaia di ettari di fotovoltaico. In tal modo la sola
provincia di Viterbo dovrebbe soddisfare il 10% della produzione complessiva
nazionale e l’80% di quella laziale. In sostanza, ancora una volta la nostra
terra verrà sfruttata per soddisfare le esigenze non tanto dei viterbesi quanto
di tutto il Paese. La Tuscia, sulla quale lo Stato decise in passato di non
investire e di lasciare quasi a sé stessa, ora anziché ricevere una
compensazione tardiva, una solidarietà oggettiva, come di solito accade nei
Paesi dove la libertà e la giustizia sono alle basi della costituzione,
diviene, per le stesse caratteristiche di sviluppo alle quali fu costretta, il
luogo ideale per ricevere immondizie di vario tipo, scorie nucleari e impianti
fortemente impattanti. Abbiamo basato il nostro sviluppo sull’agricoltura,
sulla trasformazione industriale ed enogastronomica dei nostri prodotti, sul
turismo e sull’agriturismo, forti del nostro paesaggio e dell’eccellenza della
nostra terra: il lavoro di decenni potrebbe essere, in tanti casi,
vanificato in pochi mesi. Una scelta che ci colpirà sia socialmente che
economicamente diminuendo il valore della produzione agricola, causando la
futura chiusura dei tanti agriturismi vicini ai parchi eolici e portando
il bilancio occupazionale ad un saldo sicuramente negativo. Nei borghi
rurali con un’economia basata esclusivamente sull’agricoltura e un
turismo che privilegia le campagne, potremo avere un marcato impoverimento e
spopolamento. Per tutto questo Confagricoltura Viterbo-Rieti ha grandi
perplessità sulla scelta di consegnare la produzione delle rinnovabili
prevalentemente a grandi poteri economici in cerca di “business”, con
la conseguenza che gli agricoltori, anziché un soggetto attivo, in molti casi
subiranno passivamente e coercitivamente una transizione ecologica ben diversa
da come si erano immaginati. Siamo infatti convinti che la strada verso le
energie rinnovabili resti un’altra, più virtuosa, più rispettosa dell’ambiente
ed è quella basata sulla produzione che ogni azienda agricola può fare
attraverso il fotovoltaico installato sui tetti dei fabbricati delle
aziende agricole, o anche sui terreni più marginali e meno fertili, su di un
eolico di dimensione più umana, sulla produzione di biocombustibili. Non si può
distruggere un ambiente per salvare l’ambiente: partiamo da questa
considerazione per riflettere e scrivere nuove norme, fissare nuovi
principi che possano regolare lo sviluppo delle energie rinnovabili rispettando
un territorio, il suo paesaggio, i suoi abitanti e la sua economia.