Redazione
Viterbo,15.9.23
Avvistato nuovamente nelle acque del Lago di Bolsena il “Gambero rosso” della Lousiana, vero killere delle acque dolci.
Riproponiamo un articolo pubblicato dal nostro Direttore Marini Balestra su LA CITTA.EU con il consenso della Direzione di quest’ultima e del suo autore
Ricordando la ormai antica pubblicazione di Fulco Pratesi “Clandestini in città” che ci narrava degli animali selvatici presenti a Roma negli anni 70, pensando ad oggi di quante pagine il libro si dovrebbe arricchire, voglio oggi parlare di un clandestino sul lago di Bolsena. Non un migrante sfuggito da un hotspot, ma di un… gambero.
Nel mio diuturno snorkeling sul Lago di Bolsena volto alla
conoscenza dal vivo del comportamento dei pesci presenti e
dell’accestimento delle piante acquatiche e la salute delle alghe, ho
avuto un incontro ravvicinato con un killer.
Si,
proprio killer è il soprannome che è stato affibbiato al Procambarus
clackii un bellissimo crostaceo dal vivace colore rosso, grosso quanto
uno scampo di mare, armato di potenti chele, quasi un astice.
Un altro esempio di pazzesca immissione nelle nostre acque di
specie animali alloctone di nessun valore economico. Non bastavano il
persico sole, il pesce gatto e tante tartarughe di acqua dolce voraci di
uova ed avannotti di specie pregiate quali il coregone, il persico
reale, il lattarino ed il luccio, proprio ci mancava anche una pseudo
aragosta.
Nella lotta alla diffusione di specie
animali non native ed endemiche di recente avviata da autorità
internazionali per la difesa della biodiversità sfugge ancora
l’irresponsabilità di allevatori e degli zoofili dilettanti; i primi nel
tentativo di rendere economicamente la pesca e la commercializzazione
di specie dell’altro mondo ed i secondi, che, stancatisi di tenere
specie ittiche in acquario, le liberano in acque libere. E’, per es., il
caso delle tartarughe d’acqua dolce, oggi anche del Gambero della
Luisiana da giorni fa nel lato nord dell’Isola Martana.
Come sia finito nel Lago di Bolsena non si sa. L’allevamento di questo
gambero, ottimo in cucina (ma in America del nord), venne tentato in
Toscana e precisamente sul Lago di Massacciuccoli per motivi
commerciali, poi, una certa diffusione è stata possibile per la predetta
irresponsabilità, dapprima delle autorità che ne hanno consentito
l’apertura, poi dei mancati controlli sulla commercializzazione di
questa specie il cui trasporto non ha problemi per la capacità
dell’animale di respirare, quindi resistere ore fuori dell’acqua anche
poco ossigenata e calda.
Non si può sapere se
nel lago di Bolsena sia stato introdotto per sbaglio o per disinvoltura
di qualche aquariofilo stufato di vedere il suo gambero in acquario
mangiarsi tutti gli altri pesciolini e distruggere le piantine
acquatiche.
Di certo la presenza sul lago di Bolsena di questo soggetto è inquietante.
La sua diffusione non potrà che essere un danno alla biodiversità del
nostro Lago di Bolsena in quanto questo animale onnivoro e vorace si
ciba di uova di pesce, di anfibi (rane e salamandre), insetti acquatici e
specie vegetali quali appunto le piante lacustri.
Come difendersi?
Non
è facile. L’esemplare da me personalmente osservato marciava spedito
sui massi sommersi, quasi da dominatore nell’ambiente lacustre, quindi
ha dimostrato essere a suo agio come i suoi nonni nelle aree palustri
degli Stati uniti meridionali e del Messico nord-orientale. Ha reagito
al disturbo che gli arrecato, non fuggendo, ma puntando minacciose le
sue chele, vere e proprie pinze, poi si è imbucato in un anfratto. La
sua tana.
Morale.
Attenzione
per tutti. Al ritorno da un viaggio in terre esotiche importare come
souvenir una piantina o peggio un animaletto, sembra cosa da nulla.
Ma invece.
E
certo e verificato che nel nostro clima molte specie biologiche,
viventi e vegetali si adattino e prolifichino, quindi si riproducano
indefinitavamente. Allora, acquariofili, quando smettete il vs. acquario
o sostituite i vostri animaletti colorati, non immetteteli mai in acque
libere, ma restituiteli al vostro fornitore. Altrettanto vale per i
commercianti ed acquacoltori. Per qualche spicciolo oggi, si rischia che
tra qualche decennio non sarà possibile preparare la classica sbroscia
con le nostre tinche, anguille e persici e lucci. La millenaria
tradizione della pesca vulsinea sarà in crisi (e già lo è).
Se non si interviene da subito, il danno alla fauna ittica de noantri non potrà che essere enorme ed irrervesibile.
In natura non esiste la globalizzazione.