di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo,22.9.23
La “febbre” della nocciola sta contagiando anche la Toscana, che, da terra di vino ed olio, aspira diventar anche di nocciola.
La produzione italiana, che sino qualche decennio fa, era la prima nel mondo, è stata “attaccata” dapprima dalla Turchia, quindi anche del sudamerica, lasciando all’Italia un ruolo minore ancorchè la qualità della nocciola italiana sia fuori discussione, in particolare quella della Tuscia.
Le aziende trasformatrici della nocciola italiane, la Ferrero in testa per la produzione della Nutella e la Loacker, alla ricerca delle eccellenze per la produzione dei loro prodotti confezionati con la qualità del frutto maturato in Italia centrale, in particolare la Loacker, sta tentando la coltivazione in Toscana dove risultano da essa piantati ben oltre 250 ettari di nocciola in Maremma.
Pertanto, non bastano i contratti filiera con gli agricoltori viterbesi, piemontesi e campani e gli emergenti umbri e marchigiani, che ancora l’industria dolciaria chiede incrementare la coltivazione coricolila che si sta sperimentando anche in territori di pianura, quando il nocciolo è una varietà che predilisce la media collina ed il fresco.
Nella provincia di Viterbo la coltivazione e la prima trasformazione della nocciola interessa centinaia di agricoltori, un importante parte di PIL agricolo proviene da questa coltura in grande espansione che va a sostituire quella della vite e dell’olivo, ridando speranze al comparto agricolo che necessita essere rivitilazzato.
L’augurio è che gli impianti di coricoltura che si stanno realizzando nelle regioni a noi vicine non siano concorrenza al ribasso nel prezzo del prodotto e delusione di chi ha in questi anni investito grosse somme per avviare le coltivazioni,