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Proiezione del docufilm: “Er pecetto” di Massimo Saccares alla Sala Conferenze della Rocca AlbornozMuseo Etrusco giovedi 27

Redazione

Massimo Saccares

Viterbo, 25.7.23

Il prossimo giovedi’ 27 luglio alla Sala Conferenze della Rocca Albornoz di Viterbo alle ore 17.30 il regista Massimo Saccares con il suo docufilm “Er Pecetto” e Silvio Parrello: poeta e pittore, in arte “Er Pecetto “- l’ultimo de “I Ragazzi di vita” del quale parla Pier Paolo Pasolini nell’omonimo libro – intratterranno i presenti raccontando episodi e aneddoti della Roma delle borgate di fine anni Cinquanta.

“… Erano più di una cinquantina e invasero il piccolo spiazzo d’erba sporca intorno al trampolino: per primo partì il Monnezza, biondo come la paglia e pieno di cigolini rossi, e fece un carpio con le sette bellezze; gli andarono dietro Remo, lo Spudorato, il Pecetto, il Ciccione, Pallante, ma pure i più piccoletti, che non ci smagravano per niente, e anzi Ercoletto, del vicolo dei Cinque, era forse il meglio di tutti: si tuffava correndo pel trampolino sulla punta dei piedi e le braccia aperte, legge

ro, come se ballasse..”

Così Pier Paolo Pasolini descrive Er Pecetto nel primo capitolo del libro “Ragazzi di vita” che porta il titolo di “Ferrobedo’ “.

I ragazzi di vita della Roma degli anni Cinquanta che scendevano al fiume per farsi il bagno, allora era ancora possibile 

A loro si univa anche Pier Paolo che, da questa esperienza, traeva spunti per i suoi romanzi del periodo romano.

L’evento, a cura dell’autrice Rosella Lisoni, con la partecipazione della dottoressa Sara De Angelis, Direttrice del Museo Nazionale Etrusco, della docente Unitus Anna Maria Fausto, dell’attore, regista e narratore di Comunità Pietro Benedetti e del Maestro Piero Arcangeli al pianoforte, ha l’intento di celebrare il grande intellettuale del secolo scorso come colui che scelse di inseguire i sogni, le emozioni.

Il visionario, colui che in poesia, nel cinema, nei romanzi, negli articoli giornalistici, nei saggi celebrò la vita come evento miracoloso.

Restituire l’immagine sognante del grande intellettuale, quell’immagine di cui poco si parla.

Colui che celebrò, da laico, la “razza sacra”, colui che riscoprì il sacro nella gente di borgata, nei miserabili, conferendo dignità agli ultimi della società, ai dimenticati.

L’intellettuale graffiante, sincero che rivolge il suo sguardo sul futuro prevedendone i mali, colui che non teme di gettare il proprio corpo nella lotta e non esita ad affidarsi ai sogni, alle visioni e a ricercare il sacro nell’evento miracoloso della vita quotidiana.

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