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“LA TEMPESTA” CON SEBASTIANO TRINGALI APRE LUNEDI 17 LUGLIO GLI SPETTACOLI NELL’AREA TERME

Riceviamo e pubblichiamo

Viterbo,16.7.23

Ad aprire la serie di appuntamenti nell’area Antiche Terme di Ferento sarà  lunedì  17 luglio (ore 19,30) “La Tempesta”, drammaturgia di Sebastiano Tringali, regia e coreografia di Aurelio Gatti, con Sebastiano Tringali, e con Lucia Cinquegrana, Valeria Busdraghi, Paola Saribas. Lo spettacolo sarà preceduto alle 18,30 dalla visita al sito archeologico a cura dei volontari  di  Archeotuscia.

Una «tempesta» di emozioni che coinvolgono gli spettatori trasportandoli simbolicamente su quelle carrette del mare,  immersi nel buio, in balia delle onde, dove gli attimi diventano l’eternità. Memorie di una vita vissuta mai abbastanza, interrotta dalla tempesta di ricordi che si mischiano inutilmente alle speranze. Un futuro negato. Il respiro silente del mare è filo conduttore della «Tempesta». La via del mare, la via della speranza, il nubifragio, la tempesta, la costa che è ancora lontana. La morte.

Ritrovare parallelismi, non lontani, tra poesia con la cronaca e l’attualità, non stupisce: così anche nel viaggio di un grande classico come l’Eneide ci si incontra col tema dell’immigrazione: un gruppo di pagani che sfuggono da un’invasione vera e propria (la guerra dei Greci contro Troia), perpetrata con violenze di ogni genere fino a operare una vera e propria sostituzione etnica. 

L’Eneide inizia con una tempesta: e non una tempesta qualunque, ma un perfectstorm virato sul mito, un’arci-tempesta in cui tutti i venti a disposizione di un dio intervengono a recare la maggior devastazione possibile alla flotta troiana in fuga dopo la distruzione della città da parte dei greci. Non appena essi giungono alle coste della Sicilia, Giunone convince Eolo, re dei venti, a scatenare una tempesta terrificante. Aiutato da Nettuno, Enea si salva e con sette delle sue venti navi approda nelle coste della Libia. Intanto Venere, madre di Enea, preoccupata per le sorti del figlio, sale all’Olimpo presso Giove.

Il re degli dei le promette che l’eroe giungerà in Italia e darà vita ad una discendenza destinata a governare il mondo. Il giorno dopo, Venere appare al figlio nei panni di una cacciatrice, e gli rivela che le altre navi sono scampate alla tempesta. Inoltre, gli confida che si trova a Cartagine e lo esorta a chiedere ospitalità alla regina Didone. Enea allora, con l’amico Acate, va verso la città, della quale ammira i lavori di costruzione e il tempio di Giunone. Giunto alla reggia, incontra i compagni ai quali la regina ha offerto ospitalità; manda allora Acate alla nave, per prendere doni da offrire alla regina e portare al palazzo il figlio Ascanio. Venere sostituisce Ascanio con Cupido, in modo che Didone si innamori di Enea. Alla fine di uno splendido banchetto, la regina, che sente crescere la passione verso Enea, prega l’eroe di raccontare le sue sventure e la distruzione di Troia. Quella tempesta rispecchia in fondo qualcosa che l’uomo/Enea ha dentro: è l’epifania di un punto di rottura interiore, e quel gridare dell’uomo/eroe è rivelante. Il mare, la sua vastità, il suo respiro… il silenzio che ne compete. Non più storie di uomini e il mare, ma l’emozione di un “Mare” non più vita, non più incontro o prospettiva. Un percorso di sola lirica e stupefazione in cui i ricordi si mescolano con la memoria presente e l’intuizione del tutto. L’attore così diventa il luogo e lo spazio di “Transito” di infinite vicende, mentre la danza respira l’immanenza

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