di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo,26.7.23
Con una semplice, ma toccante cerimonia, la sindaco di Viterbo, il presidente della Provincia, il v.Prefetto ed il Questore, ha assistito allo scoprimento della teca che conserva musealizzata i resti della FIAT CROMA della Polizia di stato che quella famosa mattina apriva il corteo del magistrato Giovanni Falcone che dall’aeroporto di Punta Raisi era diretto a Palemo. Per alcuni giorni la teca della predetta vettura, voluta musealizzare dalla associazione “Quarto savona 15” fondata dalla signora Montinaro (sarà presente a Viterbo ad OMBRE mercoledi 26 h.19.15 in p.zza della Repubblica) vedova del caposcorta caduto in servizio alla guida della CROMA cosi per radio chiamata QS15 con targa civile, ma iscritta nei ruoli dei veicoli del Ministero dell’Interno, sarà visibile a Viterbo nell’ambito di OMBRE Festival di cui la Polizia di Stato è sponsor.
Noti i fatti accaduti quella mattina di maggio di 31 anni fa,ma, non a tutti è noto quali era il tipo delle auto utilizzate quell’epoca dalle scorte di personaggi in pericolo. Erano vetture derivate di serie fabbricate dalla FIAT tipo CROMA (n.costruzione FIAT 154), con motore da 2000 c.c. I.E. turbo a benzina capaci di una potenza di 155 CV, moderatmente blindate, dotate di radiotelefono di istituto. Erano immatricolate con targa civile ed avevano colore diverso. Erano solo riconoscibili all’esterno da una lunga antenna sul tetto e la mancanza di contrassegni di assicurazione e bollo sul parabrezza.
Il Corteo Falcone, era formato da due vetture: la prima, di colore marrone, appunto la QS15, guidata dall’agente Montinaro, on a bordo gli agenti Rocco Schifani e Rocco Dicillo, era in testa, seguiva un’altra CROMA di colore bianco di competenza del Ministero della Giustizia, guidata da Falcone on a bordo la seconda moglie Francesca Morvillo e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Chudeva l’altra CROMA ministeriale di colore Azzurro.
L’ordigno che devastò per alcune centinaia di metri l’autostrada A29 fu fatto brillare al passaggio della prima vettura, la CROMA Marrone, che fu disintegrata dallo scoppio e proiettata in aria sino a cadere settanta metri oltre. I suoi pezzi, riagglomerati, sono quelli presenti nella teca espositiva itinerante oggi a Viterbo. La seconda vettura, la CROMA bianca guidata da Falcone con al fianco la Morvillo, seduto dietro l’autista Costanza, si trovò improvvisamente, viaggiando a velocità elevata, davanti al muro di detriti causati dallo scoppio e contro di essi andò a cozzare. Falcone la Morvillo che non indossavano cinture di sicurezza, morirono quasi sul colpo non per lo scoppio dell’ordigno, ma per il tamponamento che danneggiò la parte anteriore della vettura. L’autista giudiziario, seduto nel sedile posteriore ebbe salva la vita.
La terza Croma, di colore azzurro e immortalata dalle foto che ritraggono danneggiata accanto ad una Lancia Thema con il gancio di traino di proprietà di un farmacista palermitano, resto gravemente danneggiata, ma gli occupanti: agenti Capuzza,Cervello e Corbo feriti si, ma vivi.
Dove sono ora queste vetture ? La terza, quella azzurra demolita, la prima, però, quella sulla quale morirono i tre agenti, ora musealizzata e conservata in una teca presso la Caserma “Pietro Longaro” a Palermo, ma resa mobile su automezzo del servizio logistico della Polizia, portata in tutta Italia per essere esposta.
Anche la CROMA bianca di proprietà Ministero della Giustizia, è stata musealizzata. E’ conservata a Roma in teca fissa nella piazza d’Armi della Scuola di formazione agenti della Polizia penitenziaria.
Che dire ? L’esposizione di relitti di veicoli sui quali hanno perso la vita persone può avere aspetti macabri e forse irrispettosi nei confronti di coloro che ne facevano uso, infatti osservare un volante contorto che attimi prima era nella mani di chi non c’è più, fa un certo effetto. Ma ci sono eccezioni. Le teche che conservano i resti delle vetture CROMA inconsapevoli protagoniste della “Strage di Capaci” del 23.5.92, fanno meditare sulla “cattiveria” della specie umana, che, in certi casi, per un fine qualasisi, determina la vita di innocenti.