di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo,26.5.23
Quando si leggono dannosi fatti di cronaca avvenuti altrove che hanno danneggiato altri si tira un sospiro di sollievo perchè ci si ritiene scampati. E’ successo a loro, non a me.
Ma, questo modo di ragionare è scorretto, perchè proprio i fatti che hanno interessato altri possono replicarsi nei nostri confronti.
Quindi, nessun respiro di sollievo se le piogge cadute nelle Romagne hanno solo in quelle plaghe provocato disastri, mentre noi nella Tuscia ce la stiamo spassata con pioggerelline insistenti si, ma utili.
Ma che potrebbe succedere se Giove pluvio decide di volgere i suoi strali sull’alto Lazio ? Certamente, alcune zone nostrane potrebbero essere inondate dalle piene di tanti fiumi e torrenti che scorrono nei territori della Provincia.
Interessante ricordare che la Città di Viterbo venne, in tempi storici inondata due volte, una prima volta il 7 ottobre 1530 ed una seconda volta il 25 ottobre 1706 quando l’Urcionio irruppe in città e provocò l’allagamento del Cunicchio ed anche qualche vittima. Ma nei secoli passati nessuno invocava il cambiamento climatico per coprire gli errori di prevenzione.
Ci pensate ?. Il placido Urcionio, oggi ridotto ad un torrentello, ma che in passato consentiva, prima di entrare in città, alimentare una cartiera ed un mulino, poi in grado di raggiungere nel suo breve corso una potenza tale da invadere case e botteghe viterbesi, prima di essere imbrigliato e tombinato come oggi appare, pertanto messo in castigo.
Che significa questo ? Non esistono fiumi e torrenti tranquilli che mai uno possa pensare possano esondare e provocare danni.
Ogni corso d’acqua ha criticità che vanno esplorate e prevenute le conseguenze di un evento eccezionale. Circa sessant’anni fa il minuscolo torrente Arrone nei pressi di Montalto, dopo un temporale d’autunno, provocò la caduta di un ponte sull’Aurelia e vittime.
Nella nostra provincia, oltre il Tevere che fa confine con l’Umbria e con la provincia di Rieti scorrono ben 16 “maggiori” corsi d’acqua, solo il Marta ed il Paglia hanno la caratteristica di fiume, tutti gli altri Torrenti.
Nel Comune di Viterbo oltre il citato Urcionio, scorre il fosso Freddano, Castiglione, Leia, Roncone e Lemme. Questi rappresentano il bacino del Marta dove poi tutti confluiscono. Questi corsi d’acqua, che nemmeno si vedono, sono però in grado di esondare allorchè siano condizioni climatiche particolari.
Non è solo il Tevere, il Marta ed il Fiora che hanno nella loro recente storia episodi di allagamento di Marina Velka, di Montalto marina e di Orte, ma potenzialmente tutti, almeno nelle loro adiacenti aree.
E qui, che che una responsabile amministrazione comunale e provinciale deve intervenire.
Da subito va costituita una commissione che studi e monitori ogni corso d’acqua che scorre nel territorio comunale, quindi faccia compiere lavori di pulizia delle sponde, esamini le possibili vie di sfogo delle piene e si impiantino strumentazioni tecniche di rilevamento da remoto di anomalo aumento della portata affinchè si possano prevedere esondazioni.
Ma, fintantoche le Amministrazioni saranno più interessate favorire e finanziare fiere e feste, non ci saranno fondi per provvedere alla cura e manutenzione dei corsi d’acqua.
Certo, patrocinare un evento in Città che porta turismo in città si vede e crea consenso, ma, poi non si dica che inondazioni siano causa del cambiamento climatico, della sfortuna e del destino cinico e baro.
Non è colpa di chi guida un’auto diesel se un fiume esonda, rompe gli argini ed allaga città e campagne, ma dei politici ed amministratori che accecati dalla ricerca del pronto e facile consenso, trascurano il loro territorio e poi vanno scaricare le colpe ad altri.
Signora Frontini, quindi, meno feste, ma più concretezza.