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25 aprile 1945 a Viterbo. Cosa successe ? Nulla

La Festa nazionale del 25 aprile sia la la Festa dell'Unità nazionale

di Andrea Stefano Marini Balestra

Viterbo 24.4.23

Io, quel giorno, poi diventato fatidico nella storia d’Italia, non c’ero, stavo comodamente nella pancia della mia Mamma, quindi non posso testimoniare, ma qualcosa mi fu raccontato.

Il mercoledi 25 aprile 1945 fu una nel viterbese una giornata di sole, la temperatura: 20 gradi I monti cimini biancheggianti con suoi castagni fioriti, i giardini della città, benchè disastrati dai bombardamenti, rigogliosi dei fiori di glicine ed i prati di margherite bianche e gialle.

I Viterbesi avevano avuto la loro città liberata il 9 giugno del 1944 dalle truppe anglo americane anche se un improvvido manifesto apparso sui muri salutava l’arrivo dell’armata rossa, pertanto ad aprile 45, la vita della città lentamente aveva ripreso il tran tran quotidiano.

Gli agricoltori nei campi, i negozianti nelle loro botteghe, ancora però prive di rifornimenti e gli impiegati nei loro uffici pure sconvolti dai rivolgimenti politici che avevano avvicendato i dirigenti.

Nessun fascista in giro e neppure alcuna bandiera rossa.

Soltanto la Radio annunziò che Milano era stata liberata, che la Repubblica di Salò si era sciolta, quindi la guerra finita.

I Viterbesi furono composti nei loro atteggiamenti cosi come lo furono l’anno precedente, all’arrivo degli alleati. Conservarono moderazione e serietà. Viterbo, dimostrò, ancora una volta che la storia passa attraverso le sue mura e le sue genti senza che ciò accalori più di tanto i suoi cittadini. Come moderazione ci fu dopo l’annessione al Regno d’Italia nel 1870, altrettanta per la fine della guerra ad aprile 1945. Se ne andarono i tedeschi, arrivarono gli americani e Viterbo restò sempre uguale. L’unico segno di guerra passata: una sirena. già usata per gli allarmi aerei, continuò a suonare a mezzogiorno si a pochi decenni fa.

In questo solco di mentalità, la festa del 25 aprile 1945, eretta a festa nazionale, mai di tanto accalorò i viterbesi, forse più propensi a godersi la giornata festiva con una “poggiata” o la prima spiaggia di Tarquinia.

Solo una rituale presenza delle autorità al Sacrario, ma poca partecipazione popolare.

Di questo ne sono testimone, Io, il 25 Aprile 1953 ricevetti la Prima Comunione la Cresima.

A Viterbo la festa della Liberazione fissata al 25 aprile, certamente non fu forse tanto capita in quanto la liberazione della città avvenne il 9 giugno 1944, la data fatidica del 25 aprile era la liberazione di Milano, seicento chilometri più su.

Certamente, la fine di un periodo di guerra, di stenti, privazioni, distruzione di città, non poteva che essere ricordato anche se vicende storiche dal 1943 in poi sono confuse per il passaggio dell’Italia dall'”amico” tedesco al “nemico” americano che tardò la fine delle ostilità e portò la guerra nelle nostre contrade diventate linea del fronte.

Nell’assolato 25 aprile 1945 i misfatti della guerra a Viterbo erano già un ricordo dopo l’effettiva liberazione dal giugno 1944.

La istituita Festa nazionale della Liberazione ha risvegliato i ricordi, oggi forse troppo. Una festa di tutti si pretende sia la festa di alcuni contro altri, mentre no si comprende che il 25 aprile è la data in cui l’Italia è stata confermata unita come nella carta geografica del 1861.

Questo deve essere il senso odierno della Ricorrenza. Una vera festa nazionale, la rinascita e la conferma dell’Unità d’Italia

Pertanto, utilizzare questa data come tentativo da parte di alcuni per ricordare le divisioni del popolo italiano, che in effetti furono nel turbolento biennio 43/45, appare un goffo di riscoprire motivi di scontro ormai da assegnare solo nei libri di storia. 78 anni dopo gli eventi di Milano che portarono alla liberazione del Norditalia, rivangare atteggiamenti divisivi e far ritenere come unico vincitore e liberatore dell’Italia dal passato regime soltanto il movimento partigiano e non le truppe angloamericane è un insulto alla storia.

Mi fermo qui.

Domani, tutti, facciamo una riflessione. Vale la pena ricordare con stolida insistenza un periodo burrascoso della nostra storia passata, quindi riaccendere odi politici tra persone che appunto in quel biennio furono anche costrette praticarlo e che oggi tutte non sono più in vita, tra noi della generazione dopoguerra e le giovani del millennio ?

Proprio no. L’Italia che rischiò nel 1945 dividersi, perchè c’era ci ambiva far divenire il Nord repubblica sovietica ed il Sud restare Regno, restò unita, cosi come divenne nel 1861.

Domani, via fazzoletti rossi e bande nere. Solo tricolore.

Siamo nel terzo millennio, le divisioni guelfi e ghibellini, che pure divisero le italiche genti secoli scorsi, sono dimenticate ed affidate ai libri.

Celebriamo la Festa della Liberazione del 25 aprile come festa dell’Unità d’Italia, lasciamo ai libri di storia il resto..

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