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Dopo 30 anni non chiamatela “giustizia”

Come si può definire una vittoria l'arresto di un super criminale, dopo una latitanza di 30 anni?

Redazione

Roma,17.1.23

L’amico Pierluigi del Viscovo, ci consente riportare il suo odierno editoriale su “Il Giornale.it”. Ringraziandolo ve lo proponiamo.

“Come si può definire una vittoria l’arresto di un super criminale, dopo una latitanza di 30 anni? Intendiamoci, non è che fosse meglio lasciarlo a piede libero e sì, questa partita andava chiusa nell’unico modo accettabile. Ma parlare di vittoria contrasta con i fatti: questo criminale ha vissuto da uomo libero. Questa operazione suona come il goal della bandiera, contro un personaggio che in realtà ha vinto per 30 anni. Si legge che sarebbe un messaggio dello Stato alla mafia. Sicuramente. Che dice il messaggio? Che se ti organizzi bene, con le adeguate coperture, puoi sfuggire alla giustizia molto a lungo. I toni trionfalistici non fanno che accentuare l’imbarazzo per il malfunzionamento della macchina. Noi lavoriamo e paghiamo le tasse affinché i servizi di utilità sociale ci vengano erogati. La giustizia viene esercitata dallo Stato nel nome del popolo. Significa che lo Stato deve assicurare, a noi cittadini, che una volta emessa una condanna questa venga eseguita. Dopo la cattura, le parole che non abbiamo sentito sono le scuse dello Stato per aver impiegato metà vita a fare il dovuto. Prenderlo era il passo necessario, ma certo non quello conclusivo. Adesso si apre la vera questione: com’è possibile che ci siano voluti 30 anni? Cosa bisogna cambiare affinché le prossime volte si faccia prima, diciamo 25 anni prima? Porre queste domande non è sfascismo, non è incapacità di godere delle piccole gioie che una mattina di gennaio può regalare. È piuttosto sfidare una certa cultura: quella che vuole la giustizia, e la burocrazia in generale, fuori dal tempo della società. Una sentenza che arrivi dopo un certo tempo non è giustizia ma la sua negazione. Sarebbe da restituire al mittente, se fosse un pacco. Ma non è un pacco, si dirà. Invece proprio nel concetto di civil service sta la differenza tra una società feudale e una libera democrazia. La giustizia è la regolazione delle vicende sociali e deve essa calarsi nella società, secondo i suoi tempi. Nella cultura italiana sembra che sia la società a dover sospendere la sua vita, i suoi battiti vitali, nell’attesa che la giustizia compia il suo corso, quando sia comoda o quando riesca. Beh, questa non è la giustizia che ci meritiamo. Non dopo 25 secoli di diritto. Il potere, incluso quello giudiziario, è al servizio dei cittadini. Non il contrario.”

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