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Schizofrenia giudiziaria: una Corte assolve, un’altra condanna per lo stesso fatto

Certe riforme nel sistema penale si impongono

Editoriale

Viterbo,25.-12-22

Da tre giorni sono rimasto basito dalla notizia per l’esito del Processo di secondo grado presso la corte d’Assise di appello di Roma che, ribaldando la sentenza della Corte di Assise di Viterbo, ha ritenuto reo di omicidio, quindi, condannato per omicidio Andrea Landolfi, ma, solo adesso, mi sto rendendo conto di un’ipotesi schizofrenica giudiziaria che impera nel nostro sistema.

Certo, bisogna leggere le motivazioni della Corte d’Appello per dare un giudizio sulla sua decisione. Potremmo, per es., dopo la lettura degli atti, dare ragione ai giudici di via Varisco che hanno “emendato” quella dei giudici del Riello a Viterbo, però, personalmente, ormai da oltre mezzo secolo nel mondo della giustizia, non riesco averne logica spiegazione.

Possibile che da un’assoluzione perchè “il fatto non sussiste” si giunga ad una condanna per omicidio ed ad una dura condanna, senza un’ulteriore istruttoria o qualcosa di mezzo.

Troppo spesso di leggono sentenze, che dal primo grado al secondo, hanno decisioni diverse, anche opposte.

Allora, sono stati disattenti i giudici di primo grado, o troppo attenti quelli di secondo grado ? Questo è il dilemma.

Il processo Landolfi, in primo grado a Viterbo si svolse in diecine di udienze e con molteplici perizie e deposizioni testimoniali, pertanto, per quella Corte, non raggiunta con ragionevole certezza la colpevolezza, si concluse favorevolmente per l’imputato. La sentenza venne emessa dopo ore di camera di consiglio, certamente ponderata e vagliata sia dalla Corte presieduta dal Presidente del Tribunale che dalla giuria popolare. Ben 83 sono pagine di motivazioni scritte.

Non pensiamo ad una decisione emessa in modo frettoloso.

La Procura propose appello ed il processo si spostò a Roma.

Nel processo di secondo grado, però, senza alcuna ulteriore nuova prova sia stata ammessa ed espletata, ma solo riascoltati i periti che hanno confermato quanto già detto in primo grado, la Corte d’Assise d’Appello ha giudicato praticamente sulle stesse carte e gli stessi documenti del processo di primo grado.

Rimane pertanto misteriosa l’inversione a 180 di rotta tra il giudicato di una Corte ed un’altra.

Perchè le tesi accusatorie della Procura della Repubblica di Viterbo in primo grado sono rimaste inascoltate e quelle della Procura generale in Appello si, quando le carte processuali e le risultanze istruttorie furono le stesse ?

Indubbiamente, per i giudici penali viterbesi le prove raccolte in primo grado, sia dell’accusa che della difesa, furono sufficienti per definire il processo in senso assolutorio, ma per i giudici romani, no.

Un clamoroso errore giudiziario in primo grado o nel secondo ?

Direi piuttosto schizofrenia giudiziaria di cui le cronache giudiziarie ne riportano tante, troppe. A L’Aquila, lo stesso Tribunale, con giudici diversi, l’uno decide per “concorso di colpa” nel richiesto risarcimento dei danni del terremoto ed un altro condanna pesantemente lo stato italiano per lo stesso fatto. I processi, però, erano civili, le cui istruttorie, però, hanno modalità diverse.

Nel penale è diverso. Già in fase di indagine la Procura della Repubblica si avvale di poteri istruttori vasti, ben diversi quelli che può praticare una difesa, poi, nel processo, ancora, ha facoltà dimostrare la colpevolezza di un imputato in modo pieno e completo. Ma, se il Giudice, riconosce che tali prove non siano sufficienti per una condanna, quindi non certa la colpevolezza, assolve.

Punto e basta.

Perchè, la Procura, la cui azione penale è stata pienamente esercitata nel processo di primo grado, quindi, all’esito del giudizio consumata ogni ulteriore possibilità di accusa nell’ambito dell’obbligatorietà dell’azione penale, può impugnare una sentenza di assoluzione ?

Per me certamente no, perchè rappresenta nel processo d’appello si svolge un’ulteriore azione penale che per la stessa fattispecie non può esistxere.

Un mistero italiano che non potrà essere oggetto di una prossima riforma del processo penale. Infatti, ancora in Cassazione vi è possibilità per la Procura generale di gravame, quindi, un processo rischia, come un giuoco dell’oca, a tornare all’inizio per un vizio qualsiasi di procedura.

Processi eterni, poi, prescrizioni che inesorabilmente arrivano.

Diversa è la posizione della difesa dell’imputato condannato.

Qui un gravame ad una sentenza di primo grado, ha la sua ragionevolezza. E’ in giuoco la presunzione di innocenza che immane nel nostro ordinamento, quindi, sino allo stremo, cioè sino al terzo grado di giudizio, non può essere negata la facoltà di protestarla ed ottenerla.

Certamente, togliere la facoltà di appello ad una procura soccombente, senza nulla togliere al principio della obbligatorietà dell’azione penale, sarà di sollievo nei ruoli delle Corti d’Appello e della Cassazione.

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