di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo,12.12.22
In Italia il servizio militare obbligatorio per i maschi ventenni è stato abolito con legge 226 del 23.8.04 che recepiva una legge Delega del 2000.
Dopo questa data il “servizio militare” esteso a maschi e femmine, è stato solo riservato a professionisti come tutt’ora avviene.
Facciamo un passo indietro e ricordiamo i prodromi dell’attuale progetto di legge.
Un’idea di “mini naja” ,oggi riscoperta dal Presidente del Senato La Russa era già presente dal settembre del 2009 quando il governo Berlusconi IV promosse un’iniziativa denominata “Pianeta Difesa” consistente in un breve periodo durante il quale 145 giovani (100 ragazzi e 45 ragazze) tra i 18 e i 30 anni, appositamente selezionati dall’ANA (Associazione Alpini), potevano partecipare a una breve esperienza di vita militare (15 giorni/1 mese). Questo periodo di servizio, soprannominato la mini naja, mirava a far conoscere ai partecipanti lo stile dl vita militare. La sperimentazione si svolse presso il corpo degli alpini, Poi, per il progetto “Vivi le Forze Armate , Militare per tre settimane”. I reparti impegnati furono vari:Esercito, Marina militare, Aeronautica ed Arma dei Carabinieri. Complessivamente, nel 2010 furono stanziati fondi per una durata triennale per un progetto, più ampio rispetto al precedente “Pianeta Difesa”, denominato “Vivi le Forze Armate, Militare per 3 settimane”.
E siamo ad oggi, fine anno 2022. Un’altra ipotesi di “mini naja”: quella del Presidente La Russa che non è una novità, ma un restyling di iniziative già presenti nel nostro ordinamento che necessitano di aggiornamento.
Chi ha la mia età il servizio militare l’ha “subito” e l’ha fatto, volente e nolente. Dopo arrivata la “cartolina precetto” si partiva e si andava al C.A.R. (Centro addestramento reclute). Lì, per la durata di 40 giorni si apprendevano le basilari conoscenze non solo della vita militare, ma le tecniche del servizio che nella costituzione italiana è rivolto alla difesa del suolo patrio. Ebbi occasione in quei giorni di conoscere realtà della nazione che sconoscevo. Ho avuto come colleghi reclute giovani della più varia condizione sociale, qualcuno nel 1969 era analfabeta, pochi sapevano fare il nodo della cravatta e le norme elememtari di igiene. Per tanti, uscire dalle loro zone trasferirsi centinaia di chilometri dalle loro residenze fu occasione di conoscere l’Italia, le sue tradizioni ed i suoi popoli.
Si imparava ad imbracciare un fucile a lanciare una bomba a mano, poi, finito il CAR ai reparti.
40 giorni intensi, ma utili per la base addestrativa di un cittadino che poteva essere poi chiamato a servire la nazione non solo in armi ma in attività di protezione civile.
Bastavano 40 giorni allora, e bastano ancora oggi per “formare” un cittadino, sia esso di genere maschile o femminile, all”emergenza difesa nazionale e comunque conoscere quella propria nella vita borghese
La proposta attuale, quindi, di una “ferma” militare volontaria premiata con punteggi per partecipare a concorsi pubblici e crediti in materia scolastica appare cosa buona e giusta. Ogni cittadino deve conoscere il “pianeta difesa”, l’organizzazione militare, i suoi scopi ed i suoi fini che non solo quelli di “fare la guerra”, ma difendere la pace anche se necessario fuori dai confini.
Solo un’organizzazione militare, per tradizione e cultura è in grado mobilitare uomini e mezzi colà dove necessità lo impongono ed è pertanto utile che tale “sistema” sia conosciuto ai cittadini sia per la loro vita civile famigliare e lavorativa e sia nella deprecata ipotesi di mobilitazione.
Ci auguriamo che la proposta prenda presto avvio concreto.
Certamente i giovani che parteciperanno alla “naja volontaria” usciranno diversi e saranno buoni cittadini come lo furono la maggioranza di quelli che obbligatoriamente coscritti, fecero una “naja” completa.