di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo,15.12.22-
Nel processo a carico degli Imputati Maurizio Lacchini, Lucia Catanesi e Giacomo Scatarcia che va verso l’epilogo presso il Tribunale di Viterbo davanti al giudice Elisabetta Massini per l’imputazione aver “trasformato” un’opera idraulica in “porto turistico” si è tenuta nell’ultima udienza la requisitoria del PM impersonata dal procuratore Capo dr.Auriemma.
Pesanti le richieste di condanna per il Sindaco Lacchini, l’ex sindaco Catanesi ed il tecnico comunale Scatarcia. La vicenda del Porto di Marta, come si ricorderà, prese avvio nel febbraio 2018 allorchè la Guardia di finanza procedette al sequestro dell’impianto per accertate violazioni in materia ambientale, occupazione area demaniale, violazioni paesaggistiche ed opere senza autorizzazione, dopo che il Comune aveva consentito l’uso delle banchine ad uso dei natanti da diporto conseguendone un utile,
Pertanto, gli amministratori, che avevano “messo a reddito” il Porto storico della loro cittadina rivierasca di Marta, dopo l’esecuzione di importanti lavori eseguiti dalla Regione Lazio (costruzione di un nuovo braccio e N del bacino portuale per migliorare il deflusso delle acque dal lago al fiume Marta) si trovarono inquisiti e poi processati, speriamo no, condannati.
La questione giuridica è complessa e nasce da un’incomprensione tra la Regione Lazio stazione appaltante dei lavori e l’impresa esecutrice.
Infatti, nella banchina sull’antemurale N ritenuta “abusiva” e nelle altre già presenti furono installate attrezzature volte all’ormeggio imbarcazioni come anelli e bitte ed anche colonnine di rifornimento elettrico ed idrico, nonchè canali di scolo, cioè tutto quanto occorre in un moderno “marina”.
Pertanto, per lo sviluppo turistico di Marta e del Lago di Bolsena, Sindaci e tecnico comunale consentirono gli ormeggi di natanti ai cittadini che ne fecero richiesta di concessione, quindi, ottennero ricavi per le casse comunali. La Regione Lazio, che aveva consentito i lavori del bacino non solo come configurazione di una nuova regolamentazione dell’incile del Fiume Marta, ma aveva fatto intendere proprio dalla lettura dei cartelli di cantiere, un intervento descritto come “Porto di Marta”, fece marcia indietro, fece rimuovere bitte ed anelli montati dalla sua impresa e denunciò i responsabili dello spoglio dell’opera idraulica e la trasformazione in abusivo “marina”.
Indubbiamente una confusione amministrativa tra Regione e Comune ebbe creare il malinteso.
Resta che oggi, prescritto il reato ambientale, rimangono altre imputazioni che, se veramente commesse dagli imputati lo furono per il bene del turismo del loro paese, non già per determinare la morte del lago di Bolsena come tuonato dal Pubblico ministero Dr. Auriemma solo perchè aggiunti alcuni “corpi morto” nel bacino, tali da creare un “muro” allo scorrere delle acque che invece si è determinato all’ingresso del bacino per interramento del canale proprio per incuria regionale.
Il prossimo 11 gennaio parleranno le difese rappresentate dagli avvocati Roberto e Francesco Massatani e Carlo Mezzetti.