di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo, 11.11.22 –
La Festa di San Martino affonda le radici nell’antico, per alcuni è la festa dei “cornuti”, cioè, sic et simpliceter, dei coniugi traditi, ma in realtà festa pagana o meglio perchè in realtà in questo giorno si svolgevano grandi mercati e feste degli animali cornuti quali buoi, tori capre la goliardia popolare abbia collegato la festa di san martino con gli animali cornuti ai mariti traditi facendo diventare San Martino loro patrono e festa dedicata.
In ogni caso l’11 novembre è il Capodanno dell’agricoltura.
Festeggiamolo al lavoro della raccolta delle olive non essendo possibile altra attività di campagna. Non piove, il terreno è sodo e non permette semine di cereali, mentre soffrono la “secca” i prati seminati “, non cadono le foglie, anzi, spuntano gemme.
Al Clima non possiamo farci nulla, ma al riconoscimento dell’agricoltura industria primaria si. Nei piani del nuovo governo si parla molto di aiuti per le aziende energivore, ma tra esse non sono considerate le aziende agrizootecniche altrettanto assetate di energia. Si pensi alle stalle che necessitano elettricità per la mungitura, la conservazione del latte, per la preparazione degli insilati per non parlare poi dell’essiccazione del granoturco del tabacco, etc.. Il discorso è lungo.
Abbiamo tra i nostri concittadini due esponenti nella Commissione ambiente della Camera dei Deputati. Ci aspettiamo da loro che non frappongano alcun ostacolo alla diffusione nella Provincia fi Viterbo di ogni mezzo che consenta produzione di energia, comprese trivelle e dighe sul Tevere.
Buon San Martino a tutti. Intanto rileggiamoci la Poesia di Carducci, quando il giorno di San Martino non era “estate”:
La nebbia agl’irti (1) colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale (2)
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.