di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo,14.11.22-
Il ritrovamento a San Casciano de Bagni a pochi chilometri da casa nostra di ben 24 statuine in bronzo fa ritenere la scoperta per importanza, valore artistico e quantità pari ai Bronzi di Riace, e, per quanto riguarda la possibile decifrazione della scrittura etrusca, quella della Stele di Rosetta per la comprensione dei geroglifici egizi.
Ma, quello che meraviglia e che mi ha fatto pensare è la rappresentazione femminile delle statue, cioè, l’importanza che si aveva presso il popolo etrusco nei confronti del genere donna molti secoli prima dell’attuale “femminismo”
Non è il caso discettare il come e perchè successivamente la donna abbia perso “importanza” sociale, non si dica del cristianesimo, semmai, certamente, per l’islam.
Vediamo come ebbe a scrivere lo studioso Jean Paul Thùilliere “Nessun altra donna come quella etrusca godette di un grado tanto alto di emancipazione“.
Infatti a donna etrusca era molto libera e ricopriva un importante ruolo sociale. I reperti e le fonti letterarie ce la raffigurano nel suo essere al contempo madre, moglie, figlia e compagna. Poteva partecipare liberamente a giochi e banchetti pubblici accanto al marito. Seppure questo le costò l’accusa di “eccessiva libertà”, da parte di letterati di altre civiltà (Plauto, Aristotele, Teopompo), l’iconografia e i numerosi reperti testimoniano invece il grande rispetto umano e sociale in cui era tenuta.
Lo stesso matrimonio, simbolo di affermazione sociale, era caratterizzato dal sentimento e dal rispetto, tanto che spesso la donna viene raffigurata accanto al marito in occasioni pubbliche o sul calesse, il mezzo con cui si percorrevano le proprietà terriere possedute, simbolo di ricchezza. Per questo c’è una forte iconografia di amore sponsale, tanto nelle tombe tarquiniesi che nei sarcofagi. Ma la donna era anche madre e la maternità era considerata un grande dono della divinità. O, ancora, era depositaria di un antico sapere (come ad esempio la filatura e la tessitura), importantissimo per la vita della famiglia e per l’esaltazione dello status familiare, come attestato dalle sepolture di rango a Veio, Cerveteri e Tarquinia.
Un primo aspetto importante delle donne etrusche, come attestano numerose iscrizioni, erano dotate di nome proprio: a Roma invece le donne venivano identificate esclusivamente con il nome della gens (famiglia) alla quale appartenevano (Tullia, Iulia, Cornelia, e così via. Nel caso in cui ci fossero due donne nella stessa famiglia romana, venivano indicate coi numerali, come prima, secunda, tertia, oppure con gli aggettivi maior e minor se erano due.
Sono sopravvissute molte attestazioni di nomi propri femminili delle donne etrusche: Velelia, Anthaia, Thania, Larthia, Tita, Nuzinai, Ramutha, Velthura, Thesathei. E sono proprio le iscrizioni rinvenute sugli oggetti a dirci molto sullo status della donna etrusca.