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Chiesa cattolica tollerante, ne siamo proprio sicuri ?

Non ha vinto e perduto nessuno, affermata la libertà di preghiera.

Mons. Giulio Brambilla vescovo di Novara

di Andrea Stefano Marini Balestra

Viterbo,25.11.22 –

La lettura del Motu Proprio Traditionis custodes mette fuorilegge la liturgia tradizionale, che, sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, era stata concessa e tollerata, quindi praticata in molte chiese.

Il nuovo Motu proprio del regnante Papa appare un atto assolutamente arbitrario, neppure necessario, dal momento che la celebrazione di Santa Messa secondo il messale di San Pio V è un diritto soggettivo di ciascun fedele. In tale senso si era espresso Benedetto XVI, quindi, in pratica, non era successo che nel suo Motu Proprio Summorum Pontificum si fosse abrogato il rito tradizionale.

La notizia che ora è nel nostro commento è l’operato del Vescovo di Novara mons. Giulio Brambilla, che, pur potendo “tollerare” il Vetus Orbo proprio in virtù del Codice di Diritto Canonico dalle prescrizioni del Traditionis Custodes, ha scelto lo scontro liturgico ed ha provveduto, quindi ordinato. la sospensione nella Chiesa Santa Caterina a Vocogno la celebrazione di Messe secondo il rito tridentino, e, poi, anche sospendere Don Alberto e Don Stefano, rei di aver li celebrato Messa con rito a lui Vescovo “non gradito”

Chiesa di Santa Caterina a a Vocogno (Novara)

Quale sia stato il sentimento che abbia spinto mons. Brambilla non ci è dato da esplorare, ma certamente il suo atteggiamento può rappresentare una di piaggeria verso il regnante Papa, comunque, accanimento contro qualunque cosa che nel rito odori di incenso preconciliare.

Allora, la Chiesa è tollerante ?

Da quello che è successo a Novara, ma non è il solo caso, ne abbiamo uno a noi vicino, la Chiesa oggi appare tutt’altro che misericordiosa, inclusiva e depositaria della millenaria tradizione che l’ha fatta traghettare nei secoli da Gesù a noi . Questi atteggiamenti di “guerra” nei confronti dei fedeli e dei sacerdoti non in linea con la Chiesa “in uscita” dove c’è posto per idoli quali Pachanama e non per un rito che risale alla tradizione apostolica formata in due millenni, fanno male e, tanto, ai fedeli che si sentono “obbligati” a pregare non come preferiscono, ma secondo un dickat che proprio non è nella cultura cattolica.

Un vescovo, bene fa ad intervenire se nella celebrazione del sacro mistero della Messa, vengano praticate forme in dispregio del credo e dell’insegnamento del Vangelo, ma non altrettanto, se il rito viene celebrato regolarmente in latino, anzichè in lingua nazionale, e che la consacrazione avvenga secondo l’insegnamento di Gesù. Una celebrazione diversa nei contenuti sacrali è apostasia che certamente non può essere consentita. Ma, se la preghiera dei fedeli si esprime diversamente sempre preghiera è e tale resta.

Il rito della “nuova” Messa, che purtroppo assomiglia sempre più ad una cena protestante da alcuni non viene accettato, non però in contestazione e nostalgia preconciliare, ma perchè nel rito precedente più di un fedele trova più concentrazione nella preghiera ed esaltazione del mistero che si compie ogni qualvolta l’ostia ed il vino diventano carne e sangue del Cristo.

La nuova Messa ha banalizzato il sacro che essa contiene. La folla che si accosta alla Comunione senza prima aver praticato il sacramento della confessione, lo dimostra. In tanti presso l’altare a prendere l’ostia benedetta, prima però, confessionali vuoti.

Per concludere, una Chiesa che proibisce non è una Chiesa che include e che accoglie e che tollera, si allontana dall’insegnamento di Cristo.

Mentre stavamo scrivendo è giunta la notizia che il Vescovo Brambilla ha revocato il “divieto”, quindi, nella Chiesa di Santa Caterina resta possibile il “vetus ordo”.

Finisce la tempesta in un bicchier d’acqua, ma le considerazioni fatte restano.

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