di Andrea Stefano Marini Balestra
Viterbo, 17.9.22 – Mario Draghi ha parlato, ha, senza mezzi termini , dichiarato che il suo mandato da premier non sarà replicato.
Nessuna “Agenda Draghi”, quindi, nemmeno se la si va trovare in un negozio Buffetti.
La campagna elettorale di Conte (M5S) e di Calenda (Azione) si sfalda, ha fatto corto circuito. Il loro intento, rimettere in sella Supermario per continuare la sua esperienza di governo in ammucchiata generale,è fallita.
Che diranno adesso ai loro elettori, che già pochi erano e che adesso lo saranno ancor meno.
Che affidabilità davano comunque Di Maio, Renzi, Conte, Calenda che della Agenda Draghi facevano affidamento, quando il regista di quella agenda si sfila. Per loro uno smacco cocente. Dimostrazione della loro arruffata politica pencolante la e qua, mai chiara, fumosa e controversa che certo il 25 settembre troverà modesto risultato nell’elettorato.
Che Mario Draghi, osannato ed incensato in ogni dove, potesse tornare alla guida di un governo italiano erano proprio coloro che grazie al suo gabinetto governativo avevano continuato a contare, anzi, meglio, stando al governo, disturbarne l’azione. Per costoro, leader autoelettisi di partito e maitre a penser dei loro movimenti nati all’ultima ora certamente per assicurarsi un posto in parlamento, la prosecuzione di un’esperienza governativa guida Draghi poteva essere un salvagente.
Ma questo salvagente lo ha bucato proprio colui che gli aveva procurato per un anno e mezzo.
La collocazione dei partiti nell’intenzione al voto è negli ultimi mesi chiaramente orientata, pertanto, sarà possibile che dalle urne esca un risultato chiaro e netto che non possa consentire governi abborracciati e di “tutti”.
Mario Draghi aveva accettato guidare un governo in un momento in cui la governabilità era dubbia. Serviva un salvatore della patria fuori dalla mischia, quasi un arbitro per conciliare opposte tendenze e mettere in sicurezza l’Italia allora scossa dalla fase acuta della pandemia ed in caduta di PIL.
Draghi ha lavorato bene, ha mediato e consentito di “sistemare” le cose e preparare con calma il ritorno alle urne. Ma era evidente che il suo impegno non poteva proseguire quando dopo il 25 settembre ci sarà con buona probabilità che gli elettori diano un segno forte chiaro, quindi, richiesta di avere un premier eletto da loro.
Draghi, ieri, probabilmente nella sua ultima conferenza stampa, si è tolto sassolini dalle scarpe.
Ha bacchettato il M5S per la incoerenza manifestata circa l’invio armi alla Ucraina e fatto intendere che Salvini sia proprio quel pupazzo, che ammiratore di Putin chiede la fine delle sanzioni