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Femminicidi in Italia: dati e rimedi per una corretta narrazione

di Emanuela Dei

Femminicidi in Italia: dati e rimedi per una corretta narrazione

DATI:

Dall’inchiesta statistica svolta da Fabio Bartolomeo, sui casi di femminicio in Italia, per il Ministero della giustizia, emergono dati inquietanti. Il numero di omicidi, femminicidi in questo caso, effettuati proprio perché contro il genere femminile, ammonta a 150 all’anno, 600 negli ultimi quattro anni, con il 2016 come ultima data di riferimento.

Nella sua indagine Bartolomeo chiarisce che: “L’ordinamento italiano non prevede l’ipotesi di femminicidio come ipotesi di reato autonoma ma solo come circostanza aggravante. La recente normativa (decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119: c.d “legge contro il femminicidio”), che anche porta tra le sue motivazioni quella di rispondere al “susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato”, non definisce la fattispecie di femminicidio, ma disciplina e rafforza l’azione rivolta a contrastare e prevenire la violenza di genere che racchiude al suo interno varie categorie di condotte criminose (oltre all’omicidio i maltrattamenti, lo stalking, le percosse, le lesioni, …) accomunati dal contesto e dal soggetto passivo cui sono diretti.

Tra il 2012 e il 2016 sono state raccolte centinaia sentenze di omicidi di donne: su 417 sentenze esaminate, 355 sono classificabili come femminicidio, che rappresenta l’85% dei casi. Gli “altri omicidi di donne” rientrano per lo più nella casistica delle rapine finite male e nelle esecuzioni della criminalità organizzata.

Sono quasi sempre gli uomini a uccidere le donne. Nell’ 88,5% dei casi l’autore del reato è un uomo e la vittima è una donna. In una piccola percentuale dei casi, due su cento, è successo che una donna fosse uccisa da un’altra donna. Emerge poi che nel 9,2% dei casi gli autori fossero in complicità uomini e donne a danno di altre donne.

La nazionalità dell’autore conferma la prevalenza di soggetti italiani 74,5%, nazionalità straniera 25,5% (Est Europa 46,2%, Nord Africa 24%, Asia 14,4%, Centro Sud-America 10,6% e altro 4,8%).

La nazionalità delle vittime conferma sempre la prevalenza di donne italiane 77,6%, di nazionalità straniera 22,4% ( Est Europa 58,9%, Nord Africa 13,3%, Asia 10%, Centro Sud-America 14,4% e altro 3,3%)

Nel 55,8% dei casi tra autore e vittima esiste una relazione sentimentale, in atto al momento dell’omicidio o pregressa. All’interno della classe di omicidi avvenuti tra partner il 63,8% dei casi evidenzia che la vittima e l’autore sono coniugi o conviventi, il 12% fidanzati, il 24% aveva intrattenuto una relazione sentimentale (matrimonio, convivenza o fidanzamento) terminata per vari motivi qualche tempo prima dell’omicidio.

Se a questi si aggiungono i casi in cui tra autore e vittima esisteva una relazione di parentela si scopre che in circa il 75% dei casi le donne muoiono nell’ambito familiare, all’interno cioè di quell’ambiente che teoricamente dovrebbe proteggerle di più.

Gli omicidi che avvengono all’interno di un’abitazione sono nel 35.2% dei casi nell’abitazione della vittima, nel 34,1% nella casa coniugale e solo nel 2,9% dei casi in casa dell’autore. Il 15,8% degli omicidi è avvenuto in strada, in genere luoghi appartati, parchi, campi agricoli oppure davanti al portone delle vittime. Solo nel 4% dei casi l’omicidio è avvenuto in un esercizio commerciale o in locali pubblici (ospedale, chiesa, ufficio postale). Gli altri omicidi, pari al 8% dei casi, sono stati compiuti all’interno di automobili, furgoni o in stanze di hotel.

Nel 40,2% dei casi le donne vengono colpite ripetutamente e comunque quasi mai con soli uno o due colpi mortali, con arma da punta e taglio (coltelli da cucina, pugnali) per poi essere spesso anche soffocate con le mani o il braccio. Nel 9% dei casi la vittima è aggredita e uccisa senza uso di armi, con pugni, calci e testate e poi strangolata o soffocata. Nel 15,5% dei casi, la donna è colpita e uccisa con oggetti di varia natura: martelli, accette, picconi, bastoni e sparnghe.

Nel 12,8% delle volte l’arma utilizzata è un’arma da fuoco, pistola o fucile. Nel 18% dei casi la vittima è stata sorpresa e strangolata per mezzo di cavi elettrici, fil di ferro, cinture, sciarpe, lacci o mani; a volte il soffocamento è avvenuto tramite cuscini o sacchetti di plastica. Nel 3,3% degli episodi di omicidio è stato constatato l’utilizzo di liquido infiammabile e accendino utilizzati per occultare il corpo della vittima già deceduta oppure impiegati direttamente sulla vittima ancora in vita.

In quasi la metà dei casi esaminati, è lo stesso autore del femminicidio a dare l’allarme e avvisare le forze dell’ordine. In un caso, quasi grottesco, l’autore si è presentato dalle forze dell’ordine portando con sé il cadavere della vittima.

L’analisi dell’esito processuale rivela che all’86,4% delle condanne, prevalentemente superiori ai 20 anni di reclusione, va sommata più della metà delle assoluzioni in quanto a carico di soggetti teoricamente colpevoli ma incapaci di intendere e volere o non imputabili al momento del fatto.

Per quanto riguarda, poi, la scrittura di articoli che hanno come tema i femminicidi si riman da a questo Vademecum presentato da Emanuela Dei, al movimento nazionale Non Una di Meno il 7/ 5/2017.

NARRAZIONE:

Scrittura articolo di Feminicidio

Feminicidio: uccisione di donne per mano di uomini per motivi di genere.

Femminicidio: tutte le violenze e discriminazioni contro il genere femminile.

Titolo giornalistico Feminicidio di: Gabriella Mari. (esempio)

Rendere il titolo il più possibile reale. Evitare di scrivere il feminicido di Ortona o del luogo dell’esecuzione. Non esiste un luogo dedito per all’uccisione di una donna. Può avvenire ovunque e non è giusto nemmeno colpevolizzare una città o immettere nell’immaginario popolare che solo lì si uccide. Il luogo non influenza la violenza. La violenza è ovunque. Invece, cercare di personalizzare al massimo il titolo sulla persona uccisa: era una donna, aveva un nome, era viva, reale.

Ricordiamoci, che gli articoli di cronaca nera sono il pane, di solito, del lettore di livello medio-basso, che ama il macabro. Non a caso in Italia lo spazio dedicato alla cronaca nera è moltissimo, come se non esistessero alte notizie per raccontare il mondo. Questo stratagemma usato dall’informazione permette di assuefare il lettore, per fargli sperimentare emozioni a buon mercato . Per far pensare un lettore, farlo ragionare, ci vogliono penne e argomenti che, spesso, sono scomodi a chi governa i giornali e l’informazione in generale. Quindi anche se si va in contro tendenza e, senza dubbio, ci verrà detto di scrivere in un’altra maniera per accattivarci i lettori, evitare la spettacolarizzazione o il racconto-horror dove il lettore è invogliato a leggere solo per scoprire i macabri fatti. Evitare anche il racconto giallo dove c’è la caccia ai co-colpevoli o la corsa alla formulazione di possibili moventi.

Essere pronti a dire di “No “ quando ci viene imposto di scrivere o narrare in una maniera che va contro i nostri principi. Cercare di spiegare le motivazioni del diniego e, dove possibile, fornire una narrazione alternativa. Non colludere con un tipo di scrittura o con un sistema solo per rimanere ancorato a un lavoro precario che sfrutta i giornalisti o pubblicisti.

Il linguaggio per l’articolo dovrà essere diretto, vero, niente paragoni o metafore. Frasi brevi: soggetto predicato e complemento. Evitare aggettivi qualificativi. Il lettore deve vedere, comprendere chi era la vittima, l’assassino, il movente.

In base all’utilizzo delle 5 w:

Who? Chi sono i personaggi coinvolti?

Assassino: Nome, Cognome, età, residenza, occupazione. Non formulare ipotesi movente in base al lavoro, o disoccupazione. Non formulare ipotesi movente in base a sentito dire, voci, o pettegolezzi.

Vittima: Nome, Cognome, età, residenza occupazione. Evitare di descrivere la donna come buona, angelo, dedita alla famiglia. Evitare di costruire un cliché della vittima predestinata. Se si è troppo buone si muore, così se si conduceva un’esistenza al di fuori della norma “se l’è andata a cercare”.

Ricordiamo che le fonti dirette (Assassino e vittima) non sono reperibili. Quindi evitare qualsiasi illazione o supposizione. Evitare di riportare sfumature caratteriali.

Non intervistare pareti o amici. Il feminicidio è il culmine della violenza che un uomo attua su una donna. Di sicuro chi ora è vittima era già vessata da violenza fisica, psicologica o economica. I parenti o gli amici più stretti, senza dubbio, avranno percepito qualcosa o, peggio, la vittima si sarà confidata con loro. Al momento del feminicidio può sorgere, in chi sapeva, un senso colpa o al contrario, può attuarsi una rimozione dei fatti precedenti. Non ci interessano i loro commenti o depistaggi o illazioni.

Where? Dove?

Dove si è consumato il feminicidio: In casa della vittima, in strada, in auto. Evitare di fotografare o riportare nella narrazione descrizione del luogo dell’uccisione come se fosse un racconto dell’orrore. Non esistono luoghi adatti a un feminicidio. Evitare di suggestionare chi legge: tipo che ogni luogo appartato possa portare a morte certa. Inoltre, se nel luogo dell’omicidio ci sono tracce di lotta o altro, e questo ce lo può dire solo la Polizia riportarlo nella narrazione in modo da precisare che la vittima non era consenziente a morire.

When? Quando?

Quando è accaduto il fatto. In che giorno, a che ora. Non indugiare in riguardo a concomitanze con festività, ricorrenze o ore nefaste. Non esiste un giorno per uccidere o un’ora. Gli assassini non sono vittime dell’influsso della luna piena o di particolari giorni.

What? Che cosa è accaduto?

Un uomo ha ucciso una donna e questo si chiama Feminicidio. Evitare di chiamarlo omicidio o in caso di suicidio dell’assassino: suicidio-omicidio. Questo è un feminicidio e come tale deve essere chiamato proprio perché sono uomini che uccidono donne, in quanto tali.

Why? Perchè?

Movente: Il più frequente è la volontà delle donne di terminare la relazione sentimentale. Fatto che rivela l’incapacità dagli uomini di accettare la scelta di autonomia femminile. Evitare di parlare di gelosia, raptus, problemi economici dell’assassino, depressione etc. Evitare e riportare supposizioni di parenti o amici per le cause di tale atto. Togliere di mezzo l’idea che la donna abbia provocato l’uomo: L’emancipazione delle donne non è una forma di provocazione che suscita nell’uomo istinti omicidio. Una donna è libera di iniziare o terminare una relazione sentimentale, così come un uomo.

How? Come?

Se possibile sentire le forze dell’ordine sulla dinamica del fatto che senza dubbio hanno più pertinenza del nostro fiuto. Descrivere la dinamica dell’uccisione: l’arma usata, numero colpi sparati o inferti. Non indugiare su vestiario della vittima, posizione del cadavere etc.

Se l’assassino ha riportato lesioni, escoriazioni etc (referto medico), data la reazione della vittima, riportare i danni subiti per sottolineare che la vittima non soffriva della sindrome di Desdemona, cioè è morta per dimostrare la sua innocenza.

Più che fare illazioni sulla violenza degli uomini sulle donne: narrare il fatto in se, mostrare. Come fonti, dove possibile, intervistare le operatrici del centro antiviolenza della zona, capendo se la donna aveva già denunciato o aveva cercato aiuto. Se aveva denunciato, porre accento sulla lentezza della giustizia o denunciare la burocrazia, leggi, e lo scarsa attenzione alla prevenzione contro la violenza. Insistere sulle buone pratiche del riconoscimento della violenza, le dinamiche, cosa fare e consigli utili. Che ogni articolo su un feminicidio diventi un veicolo di informazione e prevenzione. Dare riferimenti di centri antiviolenza sul territorio e, una volta stretto un rapporto di fiducia con esso, sarebbe una buona pratica, raccontare storie, in moda da proporre modelli positivi di donne che hanno sconfitto il proprio persecutore.

Nell’immaginario comune si sta insinuando la convinzione che chi denuncia una violenza poi, muore. Chi ha il coraggio di infrangere il muro dell’omertà si ritrova a essere vittima predestinata. Bisogna mostrare modelli positivi: donne che hanno denunciato e hanno rincominciato a vivere, si sono rifatte una vita.

Quando si segue un caso di feminicidio seguirlo fino in fondo. Non fermarsi al primo articolo sulla morte della donna ma fidelizzare il lettore con articoli sullo svolgimento del processo o processi fino ad arrivare alla conclusione del verdetto, in modo da far capire che ci sono conseguenze Dare senso di giustizia. O per lo meno sollevare l’indignazione dove non ci sia una pena congrua all’assassinio.

Un mio maestro mi disse che ora le 5 w sono state rimpiazzate dalle 3 S: Sesso, soldi e sangue. Se un articolo tratta uno di questi temi, o tutti e tre sarà un successo. Penso che sia nostro compito come produttori di notizie e, formatori di coscienze, rivoluzionare l’informazione in Italia.

Emanuela Dei

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