Giovanni Aiello, l’ex poliziotto della squadra mobile di Palermo, morto lunedì per un malore in una spiaggia in provincia di Catanzaro, potrebbe essersi portato nella tomba la verità sulla morte di Attilio Manca. L’ex agente dei servizi segreti con il volto sfregiato, considerato da quattro procure ‘Faccia da mostro”, l’oscuro personaggio che si muoveva sullo sfondo delle stragi di mafia tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, è scomparso e con lui anche tanti segreti e interrogativi mai risolti.
Tra quesiti, pare, anche quelli legati alla fine di Attilio Manca, l’urologo trovato morto a Viterbo. Per il tribunale di Viterbo il medico è morto di overdose e per questo ha condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione Monica Mileti, la donna accusata di aver ceduto la dose mortale di eroina. Per la famiglia si è trattato di un omicidio.
Tale lo ha definito anche il pentito di Messina, Carmelo D’Amico, parlando con gli investigatori qualche anno fa.
Senza mai citare chiaramente Aiello, D’Amico aveva parlato espressamente di un esponente dei Servizi segreti di origine calabrese dalla “faccia brutta” che si sarebbe “occupato” di quel delitto.
“Successivamente – aveva spiegato D’Amico – ho parlato di queste vicende quando sono stato detenuto presso il carcere di Milano-Opera in regime di 41 bis insieme a Rotolo Antonino (boss di Cosa Nostra, ndr). Mi confidò che erano stati i Servizi segreti a individuare Attilio Manca come il medico che avrebbe dovuto curare il latitante Provenzano. Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai Servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicatami dal Rugolo, ossia quel Generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle istituzioni. Rotolo Antonino, sempre durante la nostra comune detenzione presso il carcere di Milano-Opera, mi disse che Attilio Manca era stato eliminato proprio perché aveva curato Provenzano e che ad uccidere quel medico erano stati i Servizi segreti”.
“In quella circostanza – proseguiva D’Amico – Rotolo mi aggiunse che di quell’omicidio si era occupato, in particolare un soggetto che egli definì ‘u calabrisi’; costui, per come mi disse Rotolo, era un militare appartenente ai Servizi segreti, effettivamente di origine calabrese, che era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi. Rotolo Antonino mi fece anche un altro nome coinvolto nell’omicidio di Attilio Manca, in particolare mi parlò del ‘Direttore del Sisde’, che egli chiamava ‘U Diretturi’. Rotolo non mi disse come era stato ammazzato Manca, né mi fece il nome e cognome del ‘calabrese’ e del ‘Direttore del Sisde’, né io glielo chiesi espressamente”.
Infine, ancora D’Amico: “Rotolo, se non ricordo male, indicava il calabrese come ‘U Bruttu’, ma non so dire il motivo, e che era ‘un curnutu’, nel senso che era molto bravo a commettere questo tipo di omicidi”.