L’emergenza idrica di Roma è l’inevitabile risultato del profitto che prevale sui diritti e sulla tutela dei beni comuni .
Se il quasi esclusivo scopo dell’azienda è quello di procurare utili ai soci , penalizzando quegli investimenti necessari a tutelare qualità e quantità del bene acqua , il
risultato è una rete idrica che perde quasi la metà della preziosa risorsa che si preleva dalle fonti e dai bacini .
Diventa così tragicamente attuale la necessità di attuazione di quel referendum con il quale milioni di italiani hanno chiesto gestioni
pubbliche e fuori dal profitto con lo scopo esclusivo di garantire il diritto universale e intergenerazionale di accesso all’acqua .
Dinanzi alla sete di Roma crolla la falsa e tendenziosa presentazione di ACEA e di quelle società multiservizi
quali società che operano per tutelare il bene acqua e drammaticamente emerge la priorità del profitto .
La società intasca e i soci dividono le risorse economiche provenienti dalle
tariffe trascurando le opere per limitare la vergognosa perdita del 44% di acqua
dalle condotte colabrodo e i “mercanti” pur conoscendo molto bene l’esauribilita’ e la
non riproducibilità dell’acqua prediligono l’irreversibile
impoverimento delle sorgenti aumentando i prelievi , risparmiando sugli
investimenti e intascando gli utili .
Solo gestioni di diritto pubblico ( consorzi o aziende speciali ) , istituite con lo scopo esclusivo
di garantire il diritto di accesso all’acqua , possono invertire la tendenza spostando gli utili
verso gli investimenti e garantendo diritto e futuro .
Una situazione di emergenza che richiama il Presidente Zingaretti e la Sindaca Raggi e tutti i governi locali
all’ applicazione dell’esito referendario affinchè l’acqua venga sottratta alle logiche di mercato affermando gestioni
veramente pubbliche e partecipate .