“Se avete un sogno per quanto impossibile vi sembri inseguitelo, la vita spesso ti toglie ma poi se continui a combattere ti restituisce. Chi mi conosce sa quello che ho passato, e ritrovarmi qua a tenere testa ad un thai con tutti quei match mi sembra un sogno”. Scriveva così su Facebook, il 5 marzo scorso, il fighter viterbese Simone Bertini. Il ventiduenne era salito sul ring thailandese del Max Muay Thai, uno dei tornei più importanti del mondo della thai boxe (clicca QUI per rileggere la notizia).
Un esordio assoluto a livello professionistico, proprio nella bolgia del Pattaya Stadium, uno dei templi sacri di questo sport. Il ragazzo se l’è vista, in un match da 3 riprese di 3 minuti, contro un atleta locale con ben 90 incontri alle spalle. Sconfitta ai punti, il verdetto dei giudici. Una vittoria morale però per Bertini, che con un prestazione tutto cuore ha tenuto testa al suo avversario fino alla fine. E c’è anche quel piccolo rimpianto per l’infortunio, accorso durante gli allenamenti di preparazione, che ha pregiudicato una condizione fisica ottimale per la sfida. Senza quell’imprevisto, forse, avremmo scritto tutta un’altra storia. Un mese dopo, tornato a casa nella sua Viterbo (e recuperato qualche kg dopo il taglio del peso), il giovane ha ripreso gli allenamenti con la squadra di thai boxe della palestra Evo Academy, seguito dal maestro Andrea Palazzetti. Noi di Viterbo Post siamo andati a trovarli.
Come è stata questa esperienza?
S.B. : È stata un’avventura parecchio dura perché la mole di lavoro è stata intensissima. Sveglia alle 5:30, corsa, al camp altre due ore e mezza di allenamenti, colazione, pranzo, riposo e poi il pomeriggio si ricominciava. Noi eravamo a Rayong, un’isoletta dove non c’è niente: solo un bar e un ristorante. Niente discoteche e distrazioni. Solo allenamento. La sera poi in tv trasmettevano unicamente muay thai… Il pensiero era sempre fisso al match.
Era la prima volta che andavi in Thailandia?
S.B. : Già ero stato in quel camp l’anno scorso e visto che mi sono trovato bene ho deciso di ritornarci. Il proprietario è un italiano, Roberto Cassarino, e avere l’appoggio di un connazionale è stato importante. Il figlio, Matthias, al momento è l’italiano più forte che ci rappresenta nel mondo. Un campione, sia come atleta sia come uomo, che mi è stato molto vicino e mi ha aiutato durante l’infortunio.
Un imprevisto che non ci voleva
S.B. : È stato purtroppo un bell’infortunio, ho avuto entrambi i tendini di Achille infiammati. Per recuperare ho fatto di tutto: massaggi, fisioterapia, antinfiammatori. Alla fine ce l’ho fatta, anche se non al 100% visto che il dolore me lo sono portato pure qui e ho dovuto continuare le cure. Ma volevo combattere, ero partito da Viterbo apposta. L’avrei fatto anche senza una gamba.
Cosa hai provato quando sei salito su quel ring?
S.B. : Ci saranno state 8.000 persone quel giorno. Il ricordo più bello, che mi porterò per tutta la vita, è quando si è aperta la porta di entrata e ho sentito tutto il peso del pubblico. Lo stadio è un ficata, piccolo ma molto raccolto, e loro fanno un casino spaventoso. C’era anche la tv che ha trasmesso l’incontro in diretta. I thailandesi non amano vedere tempi morti e troppi momenti di studio: vogliono lo spettacolo.
Sul match che ci dici?
S.B. : Se mi avessero detto prima di partire: “Guarda, tornerai e avrai il rimpianto di avere potuto vincere” non ci avrei creduto. Non avrei mai pensato di tenere testa al mio avversario così tanto, per me è stato un motivo di orgoglio. Il match mi ha fatto capire tante cose, ho preso consapevolezza di me stesso e delle armi che ho. In Italia è difficile trovare un ragazzo con 90 incontri che combatte in quel modo. Preferivo andare ko piuttosto che fare una farsa: venire in Thailandia per affrontare un nak muay (pugile thailandese n.d.r.) non all’altezza non avrebbe avuto senso, sarei tornato a casa e non avrei portato niente con me. Questa esperienza invece mi ha lasciato mille ricordi ed emozioni.
Qui a Viterbo ti hanno seguito in tanti
S.B. : È stata una cosa che non mi sarei mai aspettato e mi ha fatto troppo piacere. Al di là dei miei amici e dei compagni di squadra, anche delle persone che non conoscevo mi hanno scritto su Facebook per incitarmi, e questo mi ha dato la forza per andare avanti e non mollare. Anche se ero a 20.000 km di distanza è stata un’emozione incredibile lo stesso. Sono salito sul ring carico a mille.
Tornerai in Thailandia?
S.B. : Sicuramente tornerò, ma mai più per un mese. È stata durissima. Ho la fortuna di avere vicino una famiglia che mi segue a 360 gradi, sono fidanzato da quasi 3 anni e, soprattutto, la palestra per me è una seconda casa. Quando ti mancano tutti questi affetti diventa difficile. Durante gli allenamenti magari non ci pensi, ma quando la sera facevo la videochiamata e vedevo la mamma, la ragazza e mia nipote che mi salutava, quando andavo a dormire un po’ di magone veniva. La prossima volta mi piacerebbe tornarci con un tutto il team.
Un team che sta dando tante soddisfazioni al suo maestro
A.P. : Quest’anno sto riscontrando grandi successi e sono veramente contento, al di là delle vittorie e delle sconfitte. I ragazzi salgono sul ring e fanno una bella muay thai, dopo i match stanno bene fisicamente, segno che è stata fatta una buona preparazione, e a livello tecnico fanno cose pregevoli. La gente ci fa i complimenti e io, a prescindere da questo, sono veramente fiero di loro.
Marzo è stato per noi un mese devastante: oltre a Simone, una settimana dopo hanno combattuto altri due ragazzi, Anthony Scivola e Matteo Graziano. Eravamo al Nak Su Day, uno dei tornei più importanti del Centro Italia, organizzato a Fiano Romano dal maestro Francesco Malatesta. Matteo ha fatto il suo esordio al contatto pieno, senza caschetto, in un match sulle 5 riprese da 2 minuti contro un valido avversario. Ha perso per verdetto non unanime ma mi ha reso orgoglioso mettendoci tibie e cuore fino alla fine. Un incontro che ha perso solamente per inesperienza. Anthony invece vince e convince. Ha portato avanti la sua striscia positiva di vittorie entrando con freddezza nel ring senza strafare e controllando attentamente tutto il match. Ha vinto meritatamente per verdetto unanime.
Secondo voi è possibile fare della muay thai un lavoro?
S.B. : Per me questo è più di uno sport, è un motivo di vita. Quando stacco dal lavoro vengo qui ad allenarmi a morte ma, appunto, sempre dopo il lavoro. Lì in Thailandia invece è una professione. Qua al momento non è ancora possibile fare una cosa del genere.
A.P. : In Italia è ancora presto per farlo. L’unico che c’è veramente riuscito è Fabio Siciliani, ma lui oltre ad avere fatto gli incontri ha anche 200 allievi ai suoi corsi e gli sponsor che lo sostengono. Solo con i match “gli sbadigli si sprecano”, come dico sempre. Io ci sto provando ma non è facile. Ringraziando Dio il corso sta andando bene, ci sono molti agonisti. Ma fare crescere una palestra non è semplice, ci vuole tempo. Non tutti sono disposti a venire qui e “prendere le botte”. È sacrificio. Fuori mi piace ridere e scherzare ma qua no: solo disciplina, marzialità e muay thai.
S.B. : La bellezza della thai boxe è proprio questa. Nasce come sport da combattimento ma è un’arte marziale. È un sacrificio per l’atleta ma anche per chi ti prepara. Questo tante persone non lo capiscono. La gente vede solo te e pensa che sia uno sport individuale: è vero, ma dietro ogni match ci sono mesi di preparazione e persone che oltre ad allenarti ti supportano e “sopportano”. Capitano momenti, come a tutti gli atleti, che non ti senti in forma e non riesci ad allenarti, e lì c’è il maestro che ti dà lo stimolo giusto per spingerti al massimo. Questo è fondamentale. Andrea è il mio padre sportivo: mi ha insegnato a combattere e a stare in guardia. Se sono arrivato dove sono e grazie a lui. Poi ci sono i compagni, che studiano e si allenano insieme a te, disposti a venire in palestra anche di sabato, quando potrebbero fare tutt’altro, per darti una mano a preparare un incontro. Questo crea un legame indissolubile all’interno del team, qualcosa che se non si prova non si può spiegare. È stato uno degli aspetti che mi ha fatto innamorare di questo sport.
Prossimi appuntamenti?
A.P. : Siamo stati invitati a un bell’evento il 12 maggio, a Poggibonsi, dal maestro Lorenzo Badini. Ci saranno sia professionisti che dilettanti. Simone farà uno dei match più importanti della serata e combatterà con un ragazzo che al momento si sta allenando in Thailandia, allo stesso camp dove è stato anche lui. Sarà un derby in famiglia. Sul ring salirà anche il nostro Matteo Graziano. Siamo pronti ad affrontare questa ennesima battaglia.
Il 24 giugno invece combatteremo qui a Viterbo. L’anno scorso abbiamo organizzato il memorial “Rosario Valeri”, il primo evento di muay thai in città, e quest’anno replicheremo. Monteremo un ring a piazza Unità d’Italia e metteremo il buon Bertini sotto anche questa volta. Per l’occasione ci saranno anche Davide Capone e Mirko Mattioli, i nostri cugini della Mma. Ci sarà da divertirsi.