L’impiego di tipi umani o meglio, di “maschere”, a rappresentare le mille avventure della vita su un palcoscenico, risale al XVI secolo, a ciò che tutti conosciamo come “Commedia dell’Arte” e che ebbe origine proprio in Italia. Gli attori, pur non avendo davanti a se un testo compiuto, seguivano comunque, uno schema di parti fisse, di ruoli sempre presenti in ogni possibile trama delle loro rappresentazioni e che li rendevano così facilmente riconoscibili al pubblico. Seppure con le debite modernizzazioni, certi caratteri della Commedia dell’Arte rimangono vivi e coinvolgenti nel teatro popolare contemporaneo: ci sono maschere e tipi che portano sul palcoscenico la rappresentazione di quei pregi e difetti che poi, ciascuno di noi, non può non riconoscere in se stesso.
Quegli identici elementi di un teatro tanto radicato nella cultura italiana, caratterizzano da sempre il clima popolare e giocoso del Carnevale di Ronciglione ove la rappresentazione della sfrenata libertà del periodo carnevalesco parte da ogni piazza e strada del paese; tutti diventano “maschere” di una commedia che non ha confine e diventa vita. I Nasi Rossi, non sono che un esempio cittadino del tipo di maschera con caratteri precisi, originali e riconoscibili. Tutti questi elementi si ritrovano, magistralmente rielaborati, nella commedia di Luciano Mariti “La morte del Carnevale” – con il Centro Teatro Ricerca di Ronciglione – che ripropone i caratteri salienti di un’opera buffa, popolare e rappresentativa degli eventi del quotidiano, della vita e della morte che coinvolge tutti.
Lo spettacolo, comico e in dialetto ronciglionese, è ambientato nella Ronciglione del 1930. Ruota intorno alla figura di Pasquale Quaresima, soprannominato “Carnevale” per punizione, essendo l’unico ronciglionese a non aver mai “fatto carnevale”. Carnevale è un uomo avaro, lercio, grifagno, è un “cravattaro”, che detesta tutti e da tutti è detestato; ha un’amante, Pompilia, una serva che negli anni è diventata la sua “moglie” sacrificando la propria vita e un nipote, Cencino, perenne disoccupato. I due in maniera esilarante si contendono la sua eredità.
L’altra protagonista dello spettacolo è la Piazza ronciglionese che partecipa con orecchie curiose alla morte di Carnevale. Una morte molto particolare come scoprirà lo spettatore. I numerosi personaggi: la sarta, il ragazzo Carletto, la Signora, la cantante, donna Lalla, Sisinella, la studentessa, il calzolaio, lo zapponaro, il barbiere, il fornaio, il notaio e tre patafisici Becchini, danno vita a una rappresentazione vivace, ardita e scanzonata. Ma lo spettacolo non è solo in questa storia: attinge un altro livello, simbolico, collegandosi alla festa di carnevale, in cui il cerimoniale de “La morte di Carnevale”, con il suo allegro funerale, è centrale. Il carnevale ci ha insegnato (si pensi alla cerimonia del martedì grasso) come vita e morte, sacro e profano, tragico e comico si alternino, in maniera inestricabile, secondo un processo indefinito di sfacimento e rinascita, come accade da sempre nel ciclo della natura. Nello spettacolo, dunque, lo spavento di fronte a quel limite assoluto che è la morte si relativizza, trasformandosi in un’ironia continua e in derisione. La risata assordante di carnevale, insomma, fa scappare a gambe levate perfino la morte.
Ronciglione, Sala del Collegio, corso Umberto I, da lunedì 20 a sabato 25 febbraio 2017, ore 21.00. Info e prenotazioni 3394877705.