A lezione di turismo. Ce n’è davvero bisogno? Sì, e tanto pure. Perché non è affatto scontato che gli ottimi incrementi registrati a Viterbo negli ultimi mesi siano scontati e continuamente crescenti. E perché, allo stesso modo, non è affatto detto che lo straordinario successo di Civita di Bagnoregio debba restare un fenomeno e basta. Si deve crescere, si deve migliorare. “Quando si diventa polo di attrazione turistica, cresce l’aspettativa. E se è difficile arrivare ad un certo livello, è molto più facile invece scendere giù nella considerazione generale”: parole e musica di Gianni Bastianelli, uno dei massimi esperti italiani del settore e attualmente direttore dell’Agenzia nazionale del turismo, dopo che per anni si è occupato della stessa materia nel Lazio. Se ne parla nell’incontro di fine anno organizzato da Federlazio all’Hotel Salus Terme con la partecipazione anche del sindaco di Bagnoregio Francesco Bigiotti e della padrona di casa, l’imprenditrice Tiziana Governatori. Introduce il presidente dell’associazione imprenditoriale Gianni Calisti, modera il giornalista Giorgio Renzetti
Bastianelli non è tipo che la manda a dire: “La cultura del monoprodotto è ormai superata da molto tempo. Un territorio diventa attraente quando è in grado di raccontare una storia. Non esiste un marchio unico che possa caratterizzare una zona come la Tuscia”. Quindi l’aspetto termale sicuramente, ma a braccetto anche la storia (quella medievale e soprattutto quella legata ai papi e ai concili), i giardini. Con un occhio particolare all’enogastronomia. “Oggi – sempre lui – è inconcepibile non poter offrire ai visitatori cucina di qualità, piatti tipici e vini di eccellenza che vanno tutti raccontati e spiegati. Altrimenti la delusione è forte. E chi resta deluso, non solo non torna ma soprattutto fa pessima pubblicità”.
Consigli? Tanti, sempre a firma Bastianelli: “Non mi sembra il caso di puntare sugli Etruschi: sono poco attrattivi e non costituiscono un brand. Interessano una nicchia abbastanza limitata. Poco può arrivare anche dai cammini: la Toscana ne fa 30mila all’anno. E non credo nemmeno ai grandi flussi dall’estero. Secondo me bisogna puntare sulla promozione nelle regioni vicine su gente che ci può arrivare in poco tempo e che, se si è trovata bene, ci ritorna facilmente. E poi c’è la Macchina di Santa Rosa da sfruttare sempre, non solo il 3 settembre. Averla portata a Milano all’Expo è stato un successo importante, ma va utilizzata con continuità come marchio della città”. La conclusione di Bastianelli è un autentico inno all’ottimismo: “La Tuscia oggi è al 30% delle sue potenzialità”. Facile immaginare quanto si può (e si deve) lavorare per migliorare.