Ma quanto sono sani i ragazzi del 2016? Quali sono le loro abitudini alimentari e motorie? Fanno sport? Mangiano abbastanza frutta e verdura o sono stati anche loro vertiginosamente risucchiati dalla moda dei fast food?
A dare delle risposte, precise e sicure, arriva la regione Lazio, con il suo ultimo e inedito progetto che vede le scuole secondarie di primo grado protagoniste, Viterbo inclusa. Per tutto l’anno scolastico 2015-2016, i ragazzi delle medie hanno partecipato a ‘’Sano chi sa’’, un progetto nato, in collaborazione con la fondazione Pfizer, per promuovere i corretti stili di vita nelle scuole del Lazio.
E cosa dicono i risultati? Ci si può considerare salvi dalla cattiva alimentazione e dalla sedentarietà? In parte si, in parte no: dati alla mano, non ci si può di certo lamentare delle abitudine mattutine dei più giovani. Il 62,3% degli studenti fa regolarmente colazione. Una vittoria, dopo anni di battaglie: il primo pasto infatti è considerato da tutti, esperti del settore e non, il più importante della giornata. In fatto di energie, ma anche, nello specifico, in fatto di rendimento scolastico: nutrire il corpo significa necessariamente nutrire la mente.
Sicuramente più preoccupanti sono i dati sul consumo giornaliero di frutta e verdura: meno della metà dei ragazzi fino ai 14 anni ne mangia. Si ferma, infatti, al 40% la percentuale di chi abitualmente finisce i pasti con della frutta o accompagna i primi piatti con “contorni verdi”.
Ma ciò che salta veramente all’occhio e per cui bisognerebbe auspicare un’inversione di marcia riguarda la pratica dello sport giornaliero: solamente il 16% dei ragazzi si dedica quotidianamente all’attività motoria. Pochi di più un paio di volte o tre a settimana. Un’eccessiva sedentarietà, quella della generazioni figlie del 2000, alquanto preoccupante: gli adolescenti, così come sottolineato dallo stesso rapporto regionale, hanno bisogno di movimento sia per scacciare possibili problemi di salute, ma anche e soprattutto per mantenere un saldo equilibrio psichico e un’attiva vita sociale.
Spegniamo i computer quindi. Posiamo il telecomando e usciamo di casa. Nessuno escluso. Ché i dati parlano di ragazzi, ma non si aprirebbe di certo uno scenario migliore se si andassero ad esaminare tutte le fasce d’età.