Dopo l’invasione di Roma da parte degli allevatori laziali, che rivendicano i loro sacrosanti diritti sul mitico Pecorino Romano, si attendono le prossime mosse nella guerra appena iniziata.
Mauro Pacifici, presidente di Coldiretti Viterbo, racconta come sono andate le cose: “Da Viterbo siamo partiti in 350 e a Roma ci siamo incontrati con i rappresentanti politici che sono intervenuti e che ci hanno assicurato il loro massimo appoggio per la battaglia che stiamo portando avanti. Di questo siamo stati molto felici”. Una prima vittoria è stata quindi conquistata, ma non bisogna adagiarsi troppo sugli allori: “Adesso non molleremo perché questa è una partita importantissima – continua Pacifici –. Noi come Lazio avremmo dovuto avere il Pecorino Romano, ma sappiamo bene che così non è. Oggi il Consorzio del Pecorino Romano è in Sardegna e non abbiamo una nostra Dop da poter amministrare e promuovere. Per queste ragioni, abbiamo chiesto il riconoscimento della Dop Cacio Romano e una differenziazione di provenienza del Pecorino Romano anche perché al gusto e sul mercato, il formaggio prodotto in Sardegna e quello dei nostri territori sono assai diversi. Noi, nei tavoli istituzionali, con un dialogo al Ministero e uno con le Regioni, stiamo cercando di mediare questa soluzione e cercare di portare a casa questo riconoscimento, che darebbe respiro alle nostre produzioni locali”.
La battaglia sarà ancora lunga, ma è bene precisare che non si tratta di una lotta fratricida. “Questa non è la guerra tra gli allevatori laziali e gli allevatori sardi – aggiunge Pacifici – anzi siamo tutti uniti sotto lo stesso tetto, stiamo tutti sostenendo la battaglia che sta facendo la Coldiretti, anzi facendo così si riuscirebbe a trovare anche una soluzione per il problema del mercato sardo. Anche perché notoriamente la Sardegna arriva in ritardo per quanto riguarda le produzioni e oggi ha seri problemi sotto questo punto di vista, infatti si parla di prezzi molto bassi. Ma se noi differenziamo, creiamo una nuova Dop, parte del nostro latte non entra nel mercato e quindi diventa anche più appetibile il latte sardo”.
I rapporti con la compagine sarda quindi sono buoni e le due fazioni stanno lottando per lo stesso obiettivo: “In Sardegna è già stata fatta dalla Coldiretti una conferenza stampa a proposito di questo – conclude Pacifici – e abbiamo al nostro fianco anche il settore laziale della trasformazione del prodotto. Da questo punto di vista ci sentiamo di poter ottenere e avremmo diritto di ottenere questo risultato, così da poter fare un progetto a lunga scadenza magari un contratto di fornitura del latte che duri anche tre – cinque anni, così da dare stabilità e programmazione alle nostre aziende”.
Alla base del pecorino c’è il latte e proprio sul latte si è concluso un importante tavolo convocato dalla Regione Lazio per regolamentare la filiera del latte ovino. “Il tavolo di filiera appena concluso in Regione Lazio ha condiviso tutti i punti salienti della nostra piattaforma rivendicativa. L’appoggio istituzionale rafforza la nostra battaglia sindacale a tutela degli allevatori e dei produttori di pecorino di Roma e del Lazio”, dichiara Aldo Mattia, direttore regionale della Coldiretti, presente al tavolo agroalimentare convocato dall’assessore all’agricoltura Carlo Hausmann per regolamentare la filiera del latte ovino laziale, consolidarla sul territorio e conferirle autonomia e indipendenza, economica e produttiva, da quella sarda.
Il vertice si è concluso con la proposta di indicare obbligatoriamente in etichetta la provenienza territoriale del rinomato formaggio per garantirne la riconoscibilità sui mercati e con la richiesta di istituire nella Capitale una sede distaccata del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop. Non solo. Il tavolo agroalimentare sollecita il Ministero delle Politiche Agricole a riconoscere la nuova Dop del Cacio Romano e ad applicare, dal primo gennaio 2017, la normativa già autorizzata dalla Ue che introduce l’obbligatorietà di indicare in etichetta l’origine del latte a lunga conservazione e la provenienza di quello impiegato per produrre formaggi e altri derivati. “La Regione Lazio – aggiunge Mattia – conferma la validità delle ragioni che ci hanno spinto a scendere in piazza per quella che consideriamo, tuttavia, soltanto la prima delle forme di mobilitazione che siamo pronti a ripetere per ottenere le certezze normative che mettano pastori e trasformatori romani e laziali nelle condizioni di poter adeguatamente valorizzare la propria produzione. Sia chiaro che la nostra non è una guerra tra poveri, non una battaglia del Lazio contro la Sardegna, ma anzi una rivendicazione finalizzata ad esaltare e tutelare il valore di entrambe le produzioni territoriali”.