“Se Gesù oggi arrivasse in Italia, sarebbe considerato un clandestino e avrebbe molte difficoltà ad entrare e farsi accettare”. Perché anche lui è un extracomunitario, palestinese come Dihab, il responsabile dell’associazione che a Ronciglione accoglie e gestisce una ventina di giovani immigrati, provenienti dall’Africa. Il paragone, tutt’altro che fuori luogo, scuote la platea, composta soprattutto da giovani del liceo scientifico Meucci, che assiste al primo incontro del Cubo Festival, la rassegna culturale che fino a domenica propone una serie di interessanti appuntamenti. Si parla di migranti nella sala messa a disposizione dalla Bcc di Ronciglione con due autorevoli esperti della materia: il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento diritti civili e immigrazione del ministero degli Interni, e il dottor Mario Ajello, ex vice segretario dell’Onu, profondo conoscitore della situazione in Africa, il luogo cioè dal quale arriva la stragrande maggioranza degli immigrati, in fuga da guerre, carestie e violenze d’ogni genere.
“Cercano una vita migliore e noi abbiamo il dovere di accoglierli – sottolinea con vigore Morcone -. Sono persone che non partono per un viaggio di piacere, che sanno di dover affrontare una traversata pericolosa, che talvolta si conclude anche con il naufragio e con la morte, ma che non vedono alternative alla loro condizione nei paesi di origine”. Possiamo permetterci di negare loro la speranza? “No, non possiamo – risponde il sindaco Alessandro Giovagnoli – Qui a Ronciglione, una cittadina piccola, facciamo il possibile per accoglierli e farli stare bene. Facciamo la nostra parte con dignità e partecipazione”. Il problema è che non tutti i comuni, anche in provincia di Viterbo, si comportano allo stesso modo: per una serie di ragioni, il rifiuto è abbastanza diffuso. Da qui una disomogenea distribuzione sul territorio che comporta squilibri e genera tensioni e proteste.
“Ci sono una serie di luoghi comuni assolutamente falsi che vanno sfatati – interviene ancora il prefetto Morcone – Non è vero che la presenza di migranti comporta un aumento dei reati, non è vero che ci costano tanto. Anzi è vero il contrario: quello che spendiamo per mantenerli è ampiamente ripagato da quanto lo Stato incassa con le tasse e i contributi che pagano. E se non ci fossero loro, il nostro tasso di natalità sarebbe negativo da anni. Se improvvisamente sparissero tutti gli extracomunitari che lavorano in Italia, il colpo per la nostra economia sarebbe mortale. Alcuni settori, come l’edilizia e l’agricoltura, non potrebbero andare avanti senza il contributo di questa forza lavoro. Questi sono fatti, non opinioni”. Resta il problema di una ripartizione equa sul territorio attraverso l’utilizzazione del cosiddetto Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati) che viene gestito direttamente dai comuni e che consente una sistemazione dignitosa, facilitando così l’integrazione e rispettando quella quota del 3 per mille che rappresenta il tetto ideale nelle presenza di extracomunitari in relazione al numero di residenti. I problemi sorgono quando si deve far ricorso, in assenza di comuni consenzienti, ai cosiddetti Cas (Centri di accoglienza straordinaria) che sono gestiti dalle prefetture tramite accordi con aziende private: cioè quello che sta nascendo sulla Cassia Nord alle porte di Viterbo. In questo caso non c’è possibilità di rispettare quella quota del 3 per mille, con tutte le difficoltà che ne conseguono.
Una soluzione sarebbe quella di intervenire sui Paesi di origine, cercando di convincere queste persone a restare. E’ realistico? “Onestamente no”, afferma Aldo Ajello che nella sua lunga carriera ha vissuto a stretto contatto, seguendoli di persona, con i tanti focolai di guerra in diverse nazioni africane. “In 50 anni – spiega – l’occidente ha inviato aiuti in Africa pari a un trilione di dollari (un miliardo di miliardi), eppure stanno peggio di prima. Perché? Per il semplice fatto che lì la corruzione e i gruppi di potere fagocitano tutto e alle persone arriva ben poco. Un continente ricchissimo di ogni tipo di materia prima, ma poverissimo. Come è possibile? Troppe volte il mondo occidentale ha chiuso gli occhi e si è girato dall’altra parte di fronte alle crisi, alle guerre, ai genocidi di natura etnica. Meglio che se la sbrighino tra loro, si è pensato a torto. E quando si è deciso di intervenire, spesso era troppo tardi. Le conseguenze sono queste: milioni di disperati disposti a tutto pur di scappare e di arrivare dall’altra parte del Mediterraneo”.
Uno degli ospiti della struttura di Ronciglione racconta il suo calvario: ha 24 anni e arriva dalla Costa d’Avorio. Era piccolo quando gli uccisero il papà, lo ha cresciuto uno zio, anch’egli finito ucciso per ragioni etniche. Per queste ragioni, decide di scappare in Libia dove viene subito arrestato senza ragione. In carcere ci resta mesi: lì viene picchiato e torturato. Per uscire bisogna pagare una cauzione e lui non ha i soldi. Un libico tira fuori la somma e lo fa lavorare per 3, lui decide di continuare per qualche tempo per poter racimolare i dollari necessari per partire. Quando ci riesce, ha subito di tutto. Ora è a Ronciglione e la sua storia scuote la platea. Chiusura per il prefetto Morcone: “Per quello che stiamo facendo nel Mediterraneo e per l’accoglienza che riusciamo a dare ai migranti, sono proprio orgoglioso di essere italiano”. Parole sante.