Come è difficile far capire alla gente che i candidati politici che si contendono la presidenza non sono i migliori sulla piazza, ma sono quelli che determinati fattori hanno fatto sì che arrivassero lì, che i calciatori di serie A più pagati e gli attori cinematografici stessa cosa, allo stesso modo è difficile far capire che quando si parla di rockband la fama e il successo non hanno alcun rapporto con il valore artistico. Può accadere che lo abbiano, certamente, ma la discografia è un’industria con le sue regole e ciò che fa emergere e ciò che poi diventa popolare è una piccola parte, la punta dell’iceberg di un mondo musicale vasto come l’oceano e spesso sotterraneo; ci sono migliaia di band nel mondo che hanno prodotto migliaia di album di cui solo l’1% della popolazione è e sarà mai a conoscenza. Una scena musicale sommersa che abbraccia ogni genere e che è totalmente ignorata dalla massa.
Già la serie B ha i suoi problemi di sopravvivenza, figuriamoci sotto ancora. Quindi, di che cazzo parliamo quando parliamo della “band migliore”, del “chitarrista migliore” o del cantante “migliore”? Possiamo parlare di ciò che è minimamente emerso, magari per poco, di ciò che ha trovato un minimo riscontro discografico (e già sarebbe uno sforzo immenso), ma non sarà mai una valutazione oggettiva perché la serie A della musica rock è composta da band americane e inglesi, punto.
Un discorso tremendamente ovvio, almeno avevo sempre creduto. Gli Usa colonizzano il mondo persino con “poppòroppòppoppò” e nessuno si preoccupa di criticare la cosa, anzi, si è subito pronti a tessere le lodi di una composizione così originale, di un suono così personale ecc… perché in qualche modo si deve giustificare il fatto che Jack White sia passato direttamente dalla sua cameretta all’élite musicale con Page e The Edge – “se è così ci sarà un motivo” – mentre il 90% dei musicisti fa la fame. Ecco perché stiamo a discutere se i White Stripes meritino o meno il successo che hanno/avevano.
Le major possono decidere di chi dobbiamo parlare, chi debba esistere e chi no.
Poi c’è la critica, che in qualche modo deve allinearsi, spesso se vuoi lavorare devi leccare i culi a chi di dovere (specie se vuoi essere pagato), questo lo sanno tutti in fondo. La stampa pompa chi c’è da pompare e viceversa, fino ad arrivare al paradosso di un sito chiamato “Rockit” che si “dimentica” di recensire il nuovo album di un gruppo storico come i Marlene Kuntz, che quindi per una fetta di pubblico non esiste. Molto democratico, direi.
Il valore intrinseco non ha granché importanza, perché di mezzo c’è la politica, l’economia, il marketing, la moda del momento… tutti fattori che determinano il successo o meno di un artista in un dato momento storico. Basterebbe dire che se sei bruttino o ciccione molto probabilmente la tua band non sarà una band che avrà “fatto la storia del rock”. Infatti gli stessi Stones il pianista ciccione lo dovettero relegare al dietro le quinte, da quanto erano ribelli verso le regole dell’establishment.
Per intenderci meglio, inoltre, se tu fai krautrock psichedelico in Sardegna mentre impazza il revival garage rock americano puoi pure essere un genio ma te la prendi nel sedere e rimani a Sassari nella saletta.
Allo stesso modo ci possono essere calciatori di serie B, o anche dilettanti, più forti di calciatori di seria A. Totti sta lì non perché è il migliore – ovvio che è fortissimo – ma semplicemente perché si è saputo muovere meglio e le condizioni lo hanno favorito rispetto ad altri della sua stessa caratura, vedasi a tal proposito il famoso documentario “Zero a Zero”.
Come diceva Sordi a Verdone in “Troppo forte”: “Questa tua faccia non sfonda perché non c’è nessuno che la impone questa faccia”, e infatti se te lo impongono tu sei pronto a trovare del buono anche in Moreno, in Rocco Hunt, in Silvio Muccino, nella regia di Rocco Papaleo o nei libri di Ligabue. “Però Jovanotti alla fine sa fare un bello spettacolo, dai”. E grazie al piffero…
Questo e molti altri pensieri (tetri e non) di Fulvio Venanzini, si possono trovare sul suo blog “Inquietologia”, piattaforma WordPress