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Ma la violenza non è solo maschile

Un intervento di Emanuela Dei in prossimità con la Giornata mondiale

violenza-sulle-donne-manifestoSabato a Roma ci sarà la manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne promossa da Io Decido, Rete Romana (che comprende associazioni, sindacati, sportelli anti violenza), Udi (Unione donne d’Italia) e D.I Re (Donne In Rete contro la violenza)  che è la prima e unica rete italiana, a carattere nazionale, di Centri Antiviolenza gestiti da associazioni di donne. Domenica, poi, sempre  a Roma, assemblea nazionale, con tavoli tematici, per dare linee guida nel campo dell’educazione, dell’informazione, del lavoro per contrastare la violenza.

Avrei preferito che si parlasse di violenza in generale piuttosto che violenza riferita al solo genere maschile. La violenza, come la gelosia, l’amore e la compassione sono, esistono e non hanno sesso. Dire che la violenza sia solo appannaggio degli uomini è sbagliato. Esistono uomini violenti e donne violente, uomini calmi e donne calme. Gli uomini hanno un agire molto diretto. Si arrabbiano, usano le mani, i piedi, le parole e la forza per reagire. Le donne storicamente, per costituzione, non hanno molti muscoli e sono state sempre abituate a stare in casa, a generare e attendere. La forza delle donne è nel sapere attendere e nell’usare il cervello anche nei momenti più tremendi.

Una donna può essere violenta? Sì. In Arci Cultura Lesbica, qui a Viterbo, ogni tanto, venivano ragazze picchiate o vessate psicologicamente dalle compagne. Se la violenza fosse solo maschile questi fatti non sarebbero dovuti succedere. Una donna può picchiare un’altra donna, quindi penso che sia più una questione di modelli di identificazione, altro che una questione di genere. Ogni volta che parlo di questo argomento spacco inevitabilmente il bellissimo immaginario femminista che mette la donna cinque spanne sopra agli uomini. Noi donne siamo furbe. Noi donne abbiamo sviluppato un’abilità non comune. Noi donne sappiamo aspettare e ragionare e sappiamo tessere lunghe trame e trappole. La violenza ha molte facce e provoca sia lividi visibili che ferite psicologiche. Spesso, mi chiedo, se sia più violento un padre che picchia un figlio perché omosessuale o una madre che, volutamente, allontana il figlio o la figlia dall’intera famiglia per nascondere la sua condizione.

Nel primo caso i lividi sono visibili dopo qualche minuto, nel secondo, rimangono nella coscienza di chi viene allontanato per anni. Questo è un atteggiamento che ho riscontrato molto nelle donne del sud. Queste madri così remissive e accondiscendenti verso l’uomo, lo sono solo apparentemente, perché in realtà sono loro che tengono le fila dell’intera famiglia. Lavorano di fino, manipolando menti e sentimenti e sono loro la vera testa della famiglia. Di solito l’uomo è usato come un fuco, per lavorare e portare i soldi a casa. Quando scoprono l’omosessualità del proprio figlio non combattono per la sua consapevolezza o libertà, ma lo nascondono, gentilmente, dalla famiglia e parenti per fargli vivere la propria vita e solo lontano, in un altra città, sarà libero di amare chi vuole. E quando tornerà nel paese natio per le feste, sempre uno strano silenzio e mistero ammanterà la sua vita affettiva.violenza donne

Questa è una falsa libertà. Non si può essere omosessuali a metà. Si blocca la crescita del ragazzo e allo stesso tempo si crea un buco nero con la famiglia d’origine. Intanto queste madri tengono le fila, il potere, e sia il figlio che gli altri parenti devono passare da lei per ogni comunicazione. I rapporti diretti vengono filtrati e queste donne diventano dei veri e propri boss cariche di segreti. Per la mia esperienza, una donna può organizzare tutto questo per il buon nome o la pace della famiglia e dei parenti. Un uomo, no: non ce la fa. Non ci riesce, non ha gli strumenti per costruire tutto questo.

Ho portato questo esempio semplicemente per dire che la violenza appartiene all’essere umano: sia uomo che donna. Che gli uomini usino le mani è un fatto, deprecabile e assolutamente da evidenziare e combattere, ma anche le donne sanno far male a modo loro.

Questa manifestazione di sabato porterà in piazza tante donne. I tavoli di domenica tante parole. Spero solo che non rimangano tali. Il fare dei tavoli di discussione mi richiama alla mente un maniera partitica di fare politica. Spero vivamente che questa non si insinui nel movimento femminista, soprattutto in vista delle elezioni del 2018. Che i diritti delle donne e la loro sicurezza non diventino oggetto di voto di scambio.

Per quanto riguarda il modo di fare informazione e contrastare la violenza, in generale, individuerei innanzitutto i destinatari dei nostri ragionamenti e discuterei con loro: le donne vittime di violenza, le madri che educano questi uomini, e gli uomini stessi. Già, perché non ci si pensa spesso, ma questi uomini violenti sono educati da donne, che spesso li crescono come dei semidei a cui tutto è permesso. Lavorerei anche sui modelli di donna da proporre: una donna consapevole, autonoma, libera, che sappia parlare con un linguaggio semplice e diretto scevro da un modo di fare femminismo datato e pieno di rabbia.

La politica attuata dal movimento omosessuale, per combattere per i propri diritti, ha fatto scuola: chiudersi nelle proprie sedi non porta a molto. Vladimir Luxuria ce lo ha insegnato: aprire il dialogo, contaminare, discutere è l’unica arma verso l’omofobia. Lei ha usato il divertimento, la voglia di far divertire, per attrarre gli etero nelle sue discoteche. La tecnica era portarli nel nostro mondo, farli divertire ed educarli alla diversità. Noi donne dovremmo escogitare, e questo ci appartiene, un sistema simile. Ma dobbiamo abituarci a star fuori e non a relegarci in ghetti che limitano solo la nostra libertà.

Emanuela Dei

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