“Mi chiedo dove abbiano sbagliato le miserabili Viterbo, Orvieto e Chiusi, presentatesi all’assalto in tre…”.
Ritorna, Vittorio Sgarbi, con i soliti toni accesi e coloriti che lo contraddistinguono, sulla bocciatura della candidatura congiunta delle tre città alla corsa per il titolo di Capitale italiana della cultura 2018. Una stroncatura da parte della commissione di esperti del Mibact che non è proprio andata giù al critico d’arte, come lui stesso aveva già ammesso durante la presentazione del logo di Pistoia per lo stesso concorso.
“Poi mi chiedo come mai – si domandava in quell’occasione – il ministro Franceschini non sappia ancora perché Pistoia sia rientrata in questo traguardo, così come è inspiegabile che ci rientrino città come Cagliari o Comacchio e magari si escluda Viterbo”. Una lancia spezzata in favore del capoluogo della Tuscia, arrivata a sorpresa, dopo l’ormai celebre sfuriata telefonica all’assessore Barelli di qualche giorno prima.
Ora, tuona nuovamente sull’argomento, questa volta dal sito de Il giornale, con un articolo dall’inequivocabile titolo “La lotta senza senso per diventare capitali della cultura”.
Nel mirino del critico c’è tutta l’idea che sta alla base del concorso indetto dal Ministero dei Beni Culturali. “Si tratta di un meccanismo perverso – scrive Vittorio Sgarbi -, nato come premio di consolazione, per le bellissime città italiane che sono state sconfitte come capitali europee della cultura da Matera. A partire da Ravenna, la prima esclusa, nominata per diritto divino Capitale italiana 2015”.
Un contentino dunque, per quelle città piccole e grandi che, “come pezzenti” sottolinea il critico, si sono arrabbattate tra progetti più o meno credibili, per aggiudicarsi l’agognato milione di euro in palio.
E anche la scrematura fatta dalla commissione lascia perplesso Sgarbi: fuori il mostro a tre teste dell’Etruria meridionale, fuori per la seconda volta consecutiva Spoleto, città del Festival dei due mondi, fuori anche la nobile Caserta ma dentro però Settimo Torinese, Aquileia, Montebelluna e le altre finaliste. Con quale criterio? Perché loro sì e la Città dei Papi no?
La risposta è la scelta poco oculata da parte della commissione “nominata con criteri indecifrabili e formata da ‘esperti di chiara fama’ – e qui il critico punta il dito – fra i quali si distingue un prediletto di Dario Franceschini che si chiama come un luogo, Baia Curioni. Su di lui si era già pronunciata Dagospia: ‘Cosa lega il ministro Franceschini alla coppia Stefano Baia Curioni – Margherita Zambon? Questioni di famiglia? Va’ a saperlo! Intanto ha incaricato lui di scegliere i 20 nuovi direttori dei musei italiani e nominato lei nel consiglio di amministrazione della Scala’ “.
E getta benzina sul fuoco, non dimenticandosi dell’amata/odiata Viterbo: “Insomma – conclude nel suo articolo – un sistema di selezione umiliante e capriccioso, attraverso un esercizio di potere arbitrario e insindacabile. Quante volte ho cercato di dire ai rappresentanti delle città umiliate: lasciate perdere, non partecipate. Oggi se ne accorgono. Viterbo, Orvieto, Cosenza col suo bellissimo e sconosciuto centro storico, Caserta, umiliate per quello che sono e per quello che avranno proposto'”.
“Si ribellino, – chiosa agguerrito nel finale – non si lascino calpestare. Vadano a casa degli ‘esperti di chiara fama’ e li interroghino sulle bellezze di Settimo Torinese. Poi li mandino a cagare”.
Barelli e compagnia ascolteranno il suo consiglio?