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Immigrazione, vanno coinvolti i sindaci

La soluzione sono gli Sprar, progetti che i comuni possono attivare su base volontaria

Il sottosegretario Domenico Manzione

Il sottosegretario Domenico Manzione

Meglio lo Sprar o meglio il Cas? Non sono parolacce e neppure antibiotici, ma semplicemente gli acronimi che sintetizzano le due forme di accoglienza verso i migranti che a decine di migliaia arrivano (e continueranno ad arrivare) sulle coste italiane. Il primo è il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e viene attivato su base volontaria da parte dei Comuni: finora su circa 8mila municipalità in tutto lo Stivale, appena il 10% per cento (800, quindi) ha presentato progetti per ricevere un certo numero di disperati.

Angelo Ghinassi, sindaco Acquapendente

Angelo Ghinassi, sindaco Acquapendente

Se questi sono i numeri, è evidente che la cosa non funziona. In cifre e fatte le debite proporzioni, siccome nel 2016 approderanno in Italia circa 160mila persone, se ne potranno accogliere appena 16mila. E gli altri? Li ributtiamo nel mare? Li cacciamo? Li chiudiamo nei lager? No, non può essere. E allora entra in gioco la seconda forma, cioè i Cas, Centri di accoglienza straordinari. Che sono gestiti da privati tramite convenzioni: in sostanza, la prefettura competente per territorio riceve una comunicazione dal ministero dell’Interno e deve immediatamente attivarsi per sistemarli. L’unica strada percorribile è appunto quelli dei Cas, ma questo suscita le proteste dei sindaci che si sentono scavalcati e non coinvolti e che si ritrovano nel proprio comune presenze anche in numero abbastanza cospicuo.

Giovanni Giuliani, sindaco di Onano

Giovanni Giuliani, sindaco di Onano

Se ne parla in Provincia in un incontro convocato dal presidente Mauro Mazzola: ospite il sottosegretario Domenico Manzione, con delega all’immigrazione; in sala molti sindaci, a cominciare dal viterbese Leonardo Michelini, e i parlamentari del Pd Alessandra Terrosi e Alessandro Mazzoli. Il tema è sentito perché tra i cittadini l’arrivo, soprattutto nelle comunità più piccole, di immigrati provoca comunque preoccupazioni e talvolta pure risentimento.

Francesco Coppari, sindaco di Vetralla

Francesco Coppari, sindaco di Vetralla

E’ il classico caso del cane che si morde la coda: da un lato, nella Tuscia, non sono presenti particolari fenomeni di xenofobia e di razzismo (salvo le solite eccezioni) perché il dovere della solidarietà e dell’accoglienza è pressoché unanimemente sentito; dall’altro, i primi cittadini vorrebbero avere voce in capitolo nei processi decisionali. In mezzo il prefetto che deve ottemperare alle disposizioni che arrivano dall’alto e che quindi, sulla base della legislazione vigente, attiva appunto un Cas.

L'intervento di Leonardo Michelini

L’intervento di Leonardo Michelini

“Nel Viterbese – spiega la dottoressa  Rita Piermatti – sono ospitati 887 migranti e soltanto 17 sono assistiti tramite Sprar”. Capita però che la distribuzione territoriale sia tutt’altro che equa, soprattutto nella parte nord della provincia. “Da noi ci sono 129 migranti in 3 strutture – lamenta Angelo Ghinassi, sindaco Acquapendente – ma io l’ho saputo solo a cose fatte. Servono programmazione e coinvolgimento”. “Non è accettabile – si inserisce Giovanni Giuliani (Onano) – che in Alta Tuscia sia concentrato un terzo degli immigrati. Noi ne abbiamo 38, un numero elevato visto che abitanti sono meno di mille”. Francesco Coppari, che di mestiere fa il medico e che guida il comune di Vetralla, si preoccupa dell’aspetto sanitario: “Ho la sensazione che la gente che arriva non sia stata sottoposta agli screening previsti”. Ma il prefetto Piermatti lo stoppa subito: “C’è una struttura a Orte che abbiamo attivato proprio per procedere a tutte le profilassi necessarie”. Michelini tende a smorzare i toni: “Il nostro è territorio solidale per natura. Credo che il modello preferibile sia quello dell’accoglienza diffusa con piccoli gruppi che si possono integrare più facilmente. A Viterbo dovrebbero essere un centinaio i migranti e devo dire che non abbiamo avuto problemi di integrazione”.

L'intervento di Alessandra Terrosi

L’intervento di Alessandra Terrosi

Mauro Mazzola, in apertura, mette i paletti nella duplice veste di sindaco di Tarquinia e presidente della Provincia: “A chi arriva vanno garantite condizioni di vita dignitose. Bisogna dare informazioni corrette ai cittadini, ma questo non può avvenire se i sindaci per primi sono tenuti all’oscuro e si ritrovano da un giorno all’altro a gestire la situazione. Quindi, più collaborazione e verifiche con i sindaci se davvero ci sono le condizioni per far arrivare qualcuno. Altrimenti ha vita facile chi semina paura, chi diffonde allarmismo, chi fa qualunquismo”. “Ricordiamo i morti di Lampedusa – aggiunge Alessandra Terrosi – attraverso una legge voluta dal Parlamento. E’ un dovere ricordare, ma soprattutto è un dovere trovare soluzioni adeguate”.

L'intervento di Alessandro Mazzoli

L’intervento di Alessandro Mazzoli

A tentare una prima sintesi ci pensare l’onorevole Alessandro Mazzoli: “Il fenomeno dell’immigrazione va gestito attraverso uno sforzo comune e consapevole fra i vari livelli istituzionali. La strada maestra è quella degli Sprar, così ogni comune può tarare l’accoglienza in base alle proprie necessità e senza ricevere imposizioni dell’alto. Ma va messo subito in chiaro che chi attua un progetto di questo genere non potrà essere ulteriormente gravato dalla presenza di Cas”.

Il pubblico in sala

Il pubblico in sala

A tirare le somme ci pensa il sottosegretario Manzione. “Esattamente tre anni fa – attacca – a Lampedusa morirono quasi 400 migranti. Per questo celebriamo il giorno della memoria, ma io auspico che sia anche il giorno della consapevolezza. Quest’anno arriveranno in Italia dopo aver attraversato il Mediterraneo, circa 160mila migranti, più o meno come l’anno scorso. E’ ovvio che bisogna operare sui Paesi di provenienza e di transito e qui l’Europa come entità può fare molto di più e meglio dei singoli Stati. Poi c’è la seconda fase che è quella in cui questa gente mette piede sul suolo italiano”. E allora che succede? “Succede che da Bruxelles spingono molto sugli hotspot, cioè sulla prima accoglienza. Cosa che noi facciamo con ogni mezzo, mentre i discorsi si complicano quando si arriva alla ricollocazione perché non tutti possono restare qui”. D’accordo, ma allora come si agisce? “La soluzione è quella degli Sprar: coinvolgimento delle comunità locali, equa distribuzione sul territorio. Governo e Anci hanno raggiunto un accordo che sarà reso noto il prossimo 12 ottobre, nel quale si prevede una quota tra 2,5 e il 3% sul numero di migranti. Sono cifre indicative,ma ripeto la presentazione di un progetto di accoglienza risolve gran parte dei problemi. Peraltro, va prevista una legislazione premiale per le amministrazioni: le spese per l’accoglienza vanno fuori dal patto di stabilità e i comuni devono avere la possibilità di sostituire il personale che va in pensione e che si occupava di immigrazione. Su queste basi si possono costruire progetti condivisi e seri, senza prevaricazioni e forzature”.

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