È morto da eroe mentre sorvolava il cielo di Viterbo nel 1942, ma la moglie, oggi 98enne, deve ancora ricevere la pensione di guerra. Questa è la storia, lunga più di 40 anni, di Piero Lupò e della vedova Francesca Rizzi. Una tragedia per un’intera famiglia, originaria della provincia di Messina, che ancora non riesce a trovare una giusta conclusione.
Durante la seconda guerra mondiale Piero Lupò, giovane pilota d’aereo di soli 23 anni, stava volando a bassa quota sui cieli di Viterbo alla ricerca di un suo compagno d’armi che risultava scomparso. Ma all’improvviso una scarica di mitragliatrice tedesca colpisce dapprima il velivolo poi il giovane pilota ferendolo mortalmente. In quel lontano giorno del 1942 Piero Lupò lascia vedova la moglie Francesca Rizzi e orfana la figlia Maria Luisa, di soli 9 mesi.
Ma la sua morte da eroe, dopo 72 anni, non è stata ancora riconosciuta e soprattutto ripagata dallo Stato italiano. Infatti la vedova 98enne deve ancora ricevere la pensione di guerra. Sono anni che la donna, insieme a sua figlia, combatte per vedersi riconosciuto il proprio diritto. Rimbalzata continuamente da ufficio a ufficio, come solo la burocrazia italiana sa ben fare, Francesca Rizzi non è ancora stanca di lottare per ottenere la pensione di guerra che le spetta e lo fa non tanto per la somma che deve ricevere quanto per onorare la memoria del marito.
Forse il 15 marzo 2017 sarà la data dell’ultimo atto di questa triste storia. L’avvocato della 98enne, Nino Brancatelli, è riuscito ad avere un’udienza che accerterà, almeno così si spera, se la vedova ha diritto o meno di ricevere la pensione di guerra. “Chissà se mia madre – commenta Maria Luisa sulle pagine della Gazzetta del Sud – potrà arrivare a marzo per vedere come finisce”.