Un gioiello incastonato, come in un diadema, tra Roma, l’Umbria e la Toscana. Una terra crocevia della storia che ha visto nascere e tramontare antiche civiltà, fronteggiarsi papi ed imperatori, predicare santi e bruciare sul rogo i pagani. Si parla della Tuscia e dei tanti misteri nascosti, come tesori nelle pieghe del tempo, nei suoi borghi. Claudio Lattanzi, giornalista e saggista umbro, è un ricercatore di questi tesori e, alla libreria I Salici, ha fatto mostra delle sue scoperte al pubblico presente in sala presentando il suo libro “Tuscia misteriosa e insolita – Esoterismo, leggende nere, enigmi irrisolti, templari”, edito da Intermedia Edizioni.
Trovandosi proprio nella Città dei Papi non si poteva non iniziare dalla figura che è stata uno spartiacque nella storia viterbese: santa Rosa. “Dobbiamo separare innanzitutto – comincia così Lattanzi questo viaggio a ritroso nel tempo – i due aspetti della vita della santa: il lato miracolistico, che ha fatto nascere la devozione che ancora oggi è così forte a Viterbo, da quello politico. Rosa, politicamente, è stata una invenzione di Raniero Capocci, lo spietato cardinale acerrimo nemico dell’imperatore Federico II. La storia di questa bambina che a soli 10 anni, durante l’assedio della città da parte delle truppe imperiali, comincia a predicare contro gli eretici e i ghibellini, una ‘vergine guerriera’ come Giovanna d’Arco, è frutto della propaganda filopapale orchestrata dallo stesso cardinal Capocci. Venne usata poi da papa Alessandro IV, con il ritrovamento del corpo incorrotto di Rosa e l’inizio della devozione popolare, come strumento di controllo sulla popolazione per il consolidamento del nuovo sistema politico, passato da libero Comune a una teocrazia guidata dal portavoce in terra del figlio di Dio”. ”Quale strumento migliore – si domanda Lattanzi – di una santa, esempio massimo all’epoca di virtù, per persuadere le masse ad accettare il nuovo governo?”.
”Lo stesso discorso – prosegue nel suo racconto – vale per quello che è successo a Bolsena con santa Cristina, la vergine bambina che si convertì al cristianesimo, morta tra supplizi indicibili per colpa del padre, pagano e ufficiale imperiale, che non accettava la sua conversione. Stranamente Bolsena, caso unico nella cristianità per un piccolo borgo di pescatori di quattromila anime, è stata protagonista di ben due eventi miracolistici. Il primo, proprio con santa Cristina, il secondo con l’eucarestia grondante sangue del 1263. Forse perché tutto il bacino del lago è stato da sempre un luogo sacro per i pagani, ancora prima degli etruschi. Un luogo che per la Chiesa dell’epoca rappresentava un pericolo e doveva essere convertito a tutti i costi”.
“Prova di questa devozione degli antichi per il lago – aggiunge Lattanzi – è il ritrovamento, ad opera di Alessandro Fioravanti nel 1959, delle ‘aiole’: dei cumuli di pietra, dalla forma a cono tronco, ellittica, alti 5 metri e lunghi 70 posti sotto il livello dell’acqua ai quattro angoli del lago. Risalenti, secondo l’analisi degli esperti, all’età del ferro, queste ‘piramidi tronche’ servivano a convogliare l’acqua calda che proveniva dalle falde su cui erano state erette. Per gli etruschi, quell’acqua calda che sgorgava direttamente da sottoterra era un segno tangibile delle divinità legate alla natura”.
”Ma la cosa più affascinante e suggestiva della Tuscia – secondo Lattanzi – è il Sacro Bosco, o anche comunemente chiamato Parco dei Mostri, di Bomarzo. Fatto costruire nel 1547 da Vicino Orsini, la prospettiva più importante da tenere presente è quella del percorso iniziatico: Orsini faceva parte della Ecclesia Viterbensis, la cerchia di personaggi legati al cardinale inglese Pole, che cercava di portare avanti un dialogo col mondo protestante ai tempi della Controriforma. Ed è proprio lì, in quell’ambiente, che sarebbe venuto a contatto con il libro ‘L’Idea del Theatro’ dell’umanista Giulio Camillo Delminio. In quel testo affascinante vi era l’idea di un teatro destinato a recare l’impronta mnemonica di tutta la conoscenza universale e i visitatori, osservando i simboli presenti in esso, avrebbero potuto risvegliarla in loro stessi. Su quel modello Orsini avrebbe creato il Sacro Bosco, con tutte le sue statue dei mostri, la Casa Pendente e proprio il teatro, posto nel centro del parco”.
Questi ed altri i misteri raccontati nel volume. Alla scoperta di una Tuscia sconosciuta o, quanto meno, vista attraverso lenti differenti. Vale la pena provarci…