Illegittima. La tanto discussa delibera numero 142/2015 del Comune di Viterbo, con cui l’amministrazione Michelini ha in sostanza tagliato il contributo comunale nella composizione delle rette rsa, è illegittima. Lo ha deciso il Consiglio di Stato (sezione seconda, adunanza di sezione del 6 luglio 2016, presidente Gianpiero Paolo Cirillo, estensore Sergio Fina) con dispositivo 43/2016, che per la seconda volta in sette anni (la prima nel 2009, con la giunta Marini) ha accolto il ricorso dell’associazione Aforsat (associazione familiari ospiti delle residenze sanitarie assistenziali della Tuscia) e ha giudicato scorretto il comportamento di Palazzo dei Priori nei confronti degli ospiti delle strutture e delle loro famiglie.
Una vera bomba ad orologeria (il ricorso è stato infatti presentato più di un anno fa) che scoppia con violenza su Palazzo dei Priori e la cui eco si sentirà a lungo, dato l’impatto fortissimo che questa sentenza avrà sul bilancio comunale. In ballo ci sono infatti cifre che superano il milione di euro. Si tratta di una sentenza che, però, dai più viene letta come l’atteso ripristino di quell’equità sociale che negli ultimi tempi nel capoluogo della Tuscia era venuta a mancare. Una sentenza, pubblicata lo scorso 14 settembre, che dà inoltre modo alla magistratura di chiarire, una volta per tutte, che l’assistenza da parte degli enti locali a persone con fasce di reddito minime, che vivono situazioni di malattia, di disagio o di incapacità, deve essere garantita senza condizioni, come prescritto dalla Costituzione italiana. Almeno fino a che il Governo Renzi non decida di cambiare anche tali principi, ma questa è un’altra storia.
Entrando nello specifico della sentenza – che così come ha accolto il ricorso di Aforsat contro il Comune ha però allo stesso tempo anche dichiarato inammissibile quello presentato dalla stessa associazione contro il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 159/2013 sulla revisione delle modalità di determinazione e i campi d’applicazione dell’indicatore Isee – le motivazioni che hanno portato il giudici ad accogliere le istanze dell’Aforsat sono molteplici. ”Il Comune di Viterbo doveva, in assenza di una diversa disciplina, attenersi scrupolosamente ai criteri e alle modalità di calcolo Isee fissati dal Dpcm 159/2013 – si legge nel dispositivo – e non poteva introdurre limiti e/o condizioni ulteriori, non specificamente previsti nel predetto regolamento. In particolare, la disponibilità di un patrimonio da parte del richiedente e della sua famiglia non può di per sé costituire causa di esclusione del beneficio del concorso di spesa del Comune, quando non venga, comunque, superato il limite (soglia Isee) di reddito di euro 13mila euro, fissato dalla norma”.
Non solo. ”Analogamente appare del tutto incongrua, oltre che elusiva della disciplina vigente, l’esclusione di detto beneficio allorché vi siano soggetti tenuti a prestare gli alimenti, poiché occorre sempre verificare se il richiedente e il suo nucleo familiare siano o meno al di sotto della soglia Isee – si legge ancora nella sentenza -. Parimenti illegittimo appare il diniego di agevolazione in caso di proprietà di una casa in assenza di un nucleo familiare, poiché, anche in questo caso, il parametro generale di riferimento rimane sempre la soglia economica suindicata”. In sostanza, il Comune di Viterbo non può, come ha invece fatto fino ad ora, negare il contributo nella composizione della retta rsa agli aventi diritto o farlo ricadere interamente sulle spalle dei familiari dell’assistito. Finanziamenti regionali o meno, equilibri di bilancio da salvaguardare o meno, scuse ora non ce ne sono più: il Comune deve pagare, con interessi e arretrati.
”E’ una vittoria importante – dichiara a commento della sentenza Maria Laura Calcagnini, presidente dell’associazione Aforsat –, è la vittoria di ogni singolo associato che ha lottato e creduto in questa causa, non senza fatica e sacrificio. Finalmente oggi è stato riconosciuto il diritto all’assistenza per tanti cittadini del nostro capoluogo fino ad ora ignorati, abbandonati e umiliati dal Comune. Il mio pensiero adesso va a loro, che finalmente tireranno un sospiro di sollievo. Ora esiste una sentenza, non ci sono più alibi, non ci sono più scuse, non ci sono più promesse disattese: il Comune paghi alle strutture quanto deve per ogni paziente avente diritto al contributo”.
Calcagnini, alla sua seconda vittoria al Consiglio di Stato contro l’amministrazione comunale di Viterbo, è visibilmente soddisfatta. ”E’ da più di un anno che chiediamo al sindaco Michelini e alla sua giunta di ritirare quella delibera, ma niente, non hanno voluto ascoltarci. Ci hanno costretto a ricorrere alla magistratura per vederci riconoscere un diritto – continua la battagliera presidente Aforsat, che aveva già riportato lo stesso risultato nel 2009 -. Mentre l’amministrazione comunale ci riempiva di parole, c’erano pazienti, per lo più anziani e malati, e famiglie costretti persino ad indebitarsi per avere assistenza. Ci siamo trovati di fronte a casi limite, a situazioni insostenibili, esasperate. Adesso finalmente le cose dovranno cambiare. Ringrazio tutti i soci Aforsat, i pazienti e i familiari, che con una dignità incredibile hanno rifiutato l’elemosina e i compromessi proposti dal Comune – conclude – e ringrazio davvero col cuore l’avvocato Liliana Farronato per l’impegno a sostegno dell’Aforsat”.