“Pasticcioni in buona fede” li definisce Marco Travaglio, che pure verso i Cinquestelle (soprattutto in funzione anti Renzi) guarda con occhio benevolo. E aggiunge in un altro editoriale “Tutti zitti o tutti a casa”, come se la faccenda possa chiudersi con un richiamo ad evitare di usare Twitter o Facebook o tutti gli altri marchingegni social che sono stati finora il marchio di fabbrica dei grillini. Una roba che ha permesso a gente che ha raccolto un paio di centinaia di voti alle cosiddette “parlamentarie” di ritrovarsi alla Camera o al Senato per 5 anni, salvo elezioni anticipate: una sorta di democrazia (assai) ristretta… I fatti sono noti, ma vale la pena ricapitolarli per chi a giusta ragione sta alla larga dalle vicende politiche interne. Dunque, a circa tre mesi dal trionfale voto che portò Virginia Raggi a scalare il Campidoglio, l’amministrazione di Roma è in già in frantumi: se ne sono andati il super assessore al bilancio Minenna, la capo di gabinetto Raineri e, a seguire, i massimi dirigenti di Ama e Atac, cioè le maxi aziende municipalizzate che gestiscono rifiuti e trasporti nella capitale.
Una semplice divergenza di vedute? Molto di più: alla prova del fuoco del governo della città più grande e importante d’Italia, i pentastellati cominciano a mostrare i limiti di una formazione inesistente. Troppi galli a cantare nel pollaio, litigi più o meno pubblici, plateali sgambetti all’interno del Movimento. Invidie, gelosie, correnti, gomitate, dichiarazioni al fulmicotone: tutto l’armamentario, insomma, dei partiti tradizionali (aborriti e vilipesi in ogni circostanza). Esattamente il contrario di quanto si predica da sempre: noi siamo diversi e lo dimostreremo quando saremo chiamati ad amministrare le città, passaggio ineludibile per prepararsi al governo dell’Italia. Bene, è il momento di dimostrarlo e non sembra che gli inizi siano particolarmente promettenti. Per carità, Roma è una città impossibile, in cui tutte (o quasi) le giunte precedenti avevano fatto danni inenarrabili: solo a pensare di metterci le mani, vengono i brividi. Epperò, qualcosa di più e di meglio era lecito attendersi anche nei primissimi mesi dell’esperienza capitolina.
“Abbiamo tutti contro” sintetizza Luigi Di Maio e la sindaca se la prende, convintissima, con i “poteri forti”. Maniera troppo semplice e sbrigativa per chiudere la questione. E che le cose non stiano davvero così è dimostrato anche dal fatto che il capo supremo Beppe Grillo dovrebbe essere prestissimo a Roma per capire di persona che cosa è accaduto e trovare la quadra migliore per uscirne senza troppi danni. Una valutazione corretta e oggettiva, scevra dai condizionamenti e dalle personali convinzioni, andrà fatta a tempo debito quando ci saranno atti e provvedimenti presi per esprimere un parere. Intanto, resta la sensazione di un “dejà vu”, di un clima non dissimile da quanto accade in ogni altra città d’Italia, Viterbo in primis. Quindi, nessuno ha il diritto di scagliare la prima pietra perché nessuno è senza peccato. Intanto, una volta tanto, si potrebbe dar ragione una volta tanto a Travaglio quando auspica il “tutti a casa” se non si è capaci di andare avanti. E’ proprio così e vale per chiunque altro: se non ci sono le condizioni per amministrare, se ne prende atto e ci si dimette. Il resto sono chiacchiere o, al massimo, post su Facebook.
Buona domenica.