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Gli svizzeri trovano l’America a Farnese

"Nella Tuscia con i nostri figli, pronti a vederli crescere con gli occhiali da sognatori"

Carlo e i figli, al giardinetto di Farnese

Carlo e i figli, al giardinetto di Farnese

Cosa ci fanno due (presunti) svizzeri a Farnese? Semplice, hanno trovato il balcone giusto. Questa è la storia di Olga e Carlo, signori. Una dolcissima e particolare storia di fine estate. Senza troppe presentazioni e senza troppi fronzoli, perciò… Godetevela. A raccontarcela è Carlo direttamente.

Dove vivete in Svizzera e dove insegna il Carlo-docente?
“Viviamo a Blonay, sul lago di Ginevra nella parte francese. Io invece insegno e dirigo con i miei colleghi la Business school Lausanne, dove offriamo corsi di laurea, masters e un dottorato”.

Interessante. Che tipo di scuola è?
“E’ una scuola di business. Dunque aiutiamo gli studenti a prepararsi per iniziare una loro attività o lavorare per piccole, medie o grandi imprese. Abbiamo però una visione piuttosto differente del business rispetto alla più comune ed aggiungerei dannosa visione che vede il business responsabile solo di generare profitti per i proprietari o azionisti. Il business, prima dell’avvento della finanza, è stato per tantissimi anni uno strumento per soddisfare i bisogni sociali. Purtroppo oggi ci sono troppi esempi di business che trae vantaggio dai bisogni sociali e li alimenta anzichè risolverli”.

Quindi si può ancora credere nel business, pur non disintegrando il pianeta ed i suoi abitanti?
“Direi proprio di si, e ci sono tantissimi esempi di business che operano non solo nel rispetto delle persone e del pianeta in genere, ma aggiungono importante valore alla società attraverso le loro attività. La nostra responsabilità, come università, è di aiutare i nostri studenti ad apprezzare il business per quello che dovrebbe essere, un motore sociale che crea ricchezza, chiaramente come ricchezza sociale e sempre chiaramente questo include una idea di business sano che genera profitti e non perdite e bancarotte varie”.

Scherzi a parte: se anche gli “edifici del sapere” cominciano a ragionare così, significa che il mondo sta cambiando. O almeno ci prova.
“Gli ‘edifici del spaere’ si muovono alla velocità delle tartarughe, con il peso degli elefanti e l’età dei dinosauri. Scherzi a parte, direi che le intenzioni ci sono tutte ma al amomento le scuole private hanno un vantaggio in termini di dinamismo e abilità di cambiare per il meglio. Le istituzioni pubbliche soffrono di malattie croniche che tutti consciamo bene, in particolare in Italia”.

E da ciò si evince che la Svizzera non è solo cioccolata, neutralità e multinazionali.
“La Svizzera è il paese più felice al mondo (‘happiness index’ delle Nazioni unite, ndr), è uno dei paesi più ricchi e la sua ricchezza è il risultato di una comunità di cittadini storicamente impegnati nell’idea di bene comune da preservare. E’ un bellissimo mix di libertà, di identità, di orgoglio e di amore per la natura ed il benessere. I cittadini si impegnano quotidianamente a rispettare le regole che si sono dati e a farle rispettare ad altri. In un contesto così, è facile immaginare la possibilità di emergere di idee sane anche nel mondo dell’istruzione. Apro una parentesi sul termine ‘istruzione’ che trovo ormai obsoleto. Il nostro ministero dovrebbe diventare un ministero dell’apprendimento e non dell’istruzione. Siamo pieni di grandi istruttori in Italia e abbiamo pochissimi esperti dell’apprendimento. Per aiutare gli studenti ad apprendere ci vogliono conoscenze pedagogiche approfondite ma soprattutto un grande senso di empatia e passione”.

Le donne di casa, Olga e Giulia

Le donne di casa, Olga e Giulia

Detto questo: lei romano, moglie ucraina, vivete in Svizzera; come vi è venuto in mente di trovarvi un piccolo rifugio a Farnese?
“Farnese è la nostra Svizzera all’italiana. Piccoli comuni come questo hanno l’abilità di creare un senso condiviso delle regole e un amore per il territorio che ci ricordano la Svizzera. Il tutto condito però da quella creatività ed esuberanza che è il carattere italiano. Per non parlare poi della qualità del cibo e del fascino delle tradizioni. Vabbè non voglio esagerare, ma per noi Farnese è il nostro sogno estivo (e magari invernale, in futuro). E’ un sogno di famiglia e come tale, ci rendiamo conto che noi proiettiamo la nostra realtà e vediamo le cose a modo nostro con i nostri occhi da sognatori, cosa che dovrebbero fare tutti un po’ di più. Invito tutti ad indossare gli occhiali dei sognatori per vedere il bello del mondo (e di Farnese)”.

E da “romano de Roma”, spostarsi in un centro così minuto e bucolico, che effetto le ha fatto?
“Le città si sono evolute in qualcosa di disumano. Di Roma mi manca veramente poco se devo essere sincero. Ne rispetto l’eterna bellezza e la visito con piacere quando posso soprattutto per la famiglia e gli amici, ma Farnese per me è la dimensione che mi appartiene, e mia moglie Olga e i miei due bimbi Giulia e Andrey mi chiedono sempre di Farnese, non di Roma”.

La Tuscia, da sempre, è un po’ la terra delle contraddizioni. Bella ma sgarrupata. Affascinante ma chiusa. Che ne pensa?
“In Svizzera, e dove viviamo noi, c’è una cura maniacale dei giardini, le aiuole ed il paesaggio di montagna è ordinato di natura. La Tuscia presenta una bellezza grezza che è pur sempre una bellezza. Ci sono uomini belli e uomini affascinanti. Farnese è un uomo affascinante (o donna?)”.

Ciò che però sicuramente contraddistingue questo lembo di terra è la genuinità. La bellezza delle cose semplici. Conferma?
“Confermo. La semplicità e una cosa complessa da mantenere, dunque i miei più sinceri complimenti agli abitanti di questa regione che ne preservano la bellezza grezza e semplice”.

Quindi anche l’idea di far crescere i figli in un luogo del genere, può essere un diversivo non da poco…
“Per noi non è più un diversivo. La vita è fatta di scelte e noi siamo fortunati abbastanza da avere un portafoglio di scelte ampio. Si possono fare comunque scelte sbagliate anche per persone fortunate come noi, ma io ed Olga crediamo di stare facendo delle scelte giuste aiutando i nostri figli a vivere con gli occhiali da sognatori e di cose semplici, naturali e belle”.

Ancora loro, ma in Svizzera

Ancora loro, ma in Svizzera

L’osservatore esterno ha sempre un punto di vista privilegiato. Cosa manca qua e cosa invece offriamo più degli altri?
“Manca una politica sana del turismo forse. Ma anche una politica sana di sviluppo della comunità. Sviluppare una comunità non significa farla crescere in termini economici e demografici. Significa piuttosto aiutarla a riconnettersi con la propria bellezza interiore individuale e di comunità. Ci sono persone lasciate indietro anche qui e questo non dovrebbe succedere. Educazione ed apprendimento dovrebbe rimanere disponibile per tutte le età. Questa regione ha tante persone anche anziane che a volte penso potrebbero reinventare la loro vita al servizio di tutti, di una comunità che crede nel valore delle persone”.

Buon lavoro, quindi. Buon riposo e buona vita. Ci si vede al vostro prossimo ritorno. E, chiudendo, è vero che in fondo dei conti il segreto è “trovare il balcone giusto sul quale invecchiare”?
“Si, il balcone è importante, così come sono importanti la compagnia e la vista”.

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