Per geotermia si intende l’insieme dei fenomeni naturali che comprendono la produzione e il trasferimento di calore prodotto all’interno della Terra. La banale conseguenza di questa definizione (che non è il massimo dal punto di vista scientifico, ma rende abbastanza bene l’idea) è che l’energia geotermica, cioè quella generata attraverso fonti geologiche di calore è quanto di più naturale e ecologicamente corretto si possa immaginare. Tanto che fino a qualche decina di anni fa si riteneva che, in certe zone dell’Italia (la Toscana, innanzitutto, ma anche l’Alta Tuscia e lo stesso territorio di Viterbo, come si vedrà tra poco), l’uso della geotermia potesse costituire una forma alternativa (pulita e rinnovabile) ai tradizionali metodi che utilizzano combustibili fossili (petrolio, metano). Beh, le cose non stanno così e ne sanno qualcosa dalle parti di Latera dove la centrale geotermica costruita dall’Enel (e costata diverse decine di miliardi) rimase in vita pochissimo tempo e poi fu chiusa per via degli insopportabili cattivi odori che avevano reso la vita impossibile a tutta la popolazione della zona.
Ma, al di là della puzza, ci sono altre questioni ben più gravi che vanno messe in conto. E qui si parla di salute pubblica, mica pizza e fichi. Per esempio, le emissioni di mercurio, arsenico e anidride solfidrica (tutte sostanze che notoriamente fanno benissimo all’uomo, agli animali, alla terra e in generale all’ambiente) rilevate nella zona dell’Amiata dove la produzione di energia geotermica è considerevole da anni, sono al di sopra della media. Su valori notevolmente superiori a quelli consentiti dall’attuale legislazione nazionale ed europea. Ecco perché nel territorio di Torre Alfina (Lazio) e nella confinante Castel Giorgio (Umbria) la protesta contro due impianti pilota (progettati dalla ITV LKW) si fa giorno dopo giorno sempre più corposa e ferma. Carlo Leoni studia la questione da tempo: “Ho personalmente presentato osservazioni contro il progetto sia alla Regione Lazio che alla Regione Umbria. Questa iniziativa non ci convince e non ci piace perché i rischi connessi alla salute sono consistenti e provati da studi indipendenti. Le statistiche elaborate permettono di verificare un aumento di diverse gravi patologie, anche di natura tumorale. Spero che le due regioni e il ministero per lo sviluppo economico intervengano per tempo per bloccare queste opere”.
La problematica, però, interessa da (molto) vicino anche i viterbesi. Molti sicuramente hanno dimenticato che sin dal 2011 è stata presentata alla Pisana una richiesta dalla Cogeme (un’azienda con sede a Rovato in provincia di Brescia) per studi geotermici preliminari in un’area a cavallo tra Tobia e San Martino al Cimino. Zona nella quale insistono, tanto per dire, sia l’ospedale di Belcolle che Villa Buon Respiro… Il progetto, presentato in Regione agli inizi di gennaio del 2011, arrivò al comune di Viterbo esattamente il 25 febbraio di quello stesso anno. La conferenza dei servizi, appositamente convocata per esaminare la questione, in data 30 maggio 2012 prese semplicemente atto della richiesta, segnalando semplicemente che fossero evitate “possibili interferenze tra il progetto geotermico e il sistema termale”. Un auspicio, insomma: niente di più. Da Roma, quindi, venne concesso un primo biennio per avviare le esplorazioni (fino al 2014); permesso ribadito nel 2014 per altri due. E siamo al 2016, ai giorni nostri, quando la Cogeme ha rinnovato la richiesta esattamente il 14 agosto. E la Regione con una determina ha allungato il periodo fino al 2018. “La faccenda comincia a creare qualche sospetto – commenta la consigliera comunale Chiara Frontini (Viterbo 2020) -. Vogliamo vederci chiaro perché se la società che ha intrapreso questo percorso, chiede di investigare ancora, allora viene il sospetto che la questione non sia soltanto uno studio preliminare, ma si vuol andare molto più in là. E bisogna anche sbrigarsi perché alla fine di ottobre scade il tempo concesso dalla legge per fare opposizione davanti al Tar. Stiamo valutando ma devo confessare che l’accesso agli atti regionali per un comune cittadino e anche per un consigliere regionale, è piuttosto complicato”.
Insomma, è molto presto per affermare che a due passi dal Palazzo dei Papi nascerà un impianto geotermico, ma di certo l’insistenza con cui Cogeme si sta muovendo una qualche perplessità la suscita. Infine, proprio qualche giorni la Vi commissione consiliare del consiglio regionale del Lazio, presieduta dal canepinese Enrico Panunzi, si è nuovamente occupata dei progetti nell’Alta Tuscia. La riunione si è conclusa con una richiesta di “moratoria per sospendere il processo decisionale per la realizzazione di due impianti pilota a Castel Giorgio e Acquapendente in attesa della carta idrogeotermica”. “Credo che quel territorio – fa mettere a verbale Panunzi – non sia affatto vocato per impianti del genere e che debba essere applicato il principio di precauzione”. Peraltro l’area interessata nella zona di Torre Alfina va a collidere con un’antica strada che è sottoposta a vincolo paesaggistico. Ma in Regione, all’epoca, non se ne accorse nessuno.