Dimentichiamo la legge della giungla. Dimentichiamo la regola del più forte che mangia il più debole. Dimentichiamo per un istante l’idea, ormai da troppo tempo radicata, che gli anelli deboli della catena vadano lasciati indietro, abbandonati. Dimentichiamo tutto e lasciamoci andare alla fantasia. All’ideale di un mondo perfetto, in cui regni la solidarietà, la fratellanza. In cui gli indifesi abbiano sempre le spalle coperte, i prepotenti siano assicurati alla giustizia. Un mondo in cui il gruppo aiuti e non isoli, non abbandoni.
Un’utopia? Un’illusione? Forse per gli esseri umani. Non di certo per il mondo animale. Ed è proprio da lì che ci giunge una lezione di vita, di umiltà e di solidarietà. È la storia di Achille, lupo solitario. Che da oggi solo non è più.
Caduto in una trappola e ferito quasi mortalmente alla zampa, il giovane lupo della riserva naturale di Monte Rufeno non è più autosufficiente. Ha bisogno di tutto. Di essere accompagnato al torrente per andare a bere. Di qualcuno che si procuri per lui un buon pasto. Ha bisogno di tempo e soprattutto degli altri. Di quell’altruismo di cui solo gli animali possono essere capaci.
Da chi andare, allora, se non da quel branco da cui lui, per scelta di vita, si era allontanato? Dove tornare in cerca di aiuto, se non a casa? Ed è lì che viene accolto a “zampe aperte”. È lì che, malconcio e con passo incerto, oggi può ritrovare la sua serenità e tranquillità.
Nel suo branco, infatti, Achille si reintegra completamente: passano i giorni, i mesi, ma lui non molla. Non si ferma, va avanti per restare con gli altri, nonostante faccia fatica a camminare, sulle sue tre zampe. E il branco non molla con lui: i compagni cacciano e dividono il bottino. Durante gli spostamenti, procedono lentamente, aspettandolo, anche se è Achille ad aprire la fila indiana. E nel branco questo ha solo un significato: sarebbe il primo ad essere sacrificato nel caso di attacco, ma darebbe il tempo agli altri di mettersi in salvo.
E ne siamo certi, anche se non sappiamo ululare alla luna. Per lui non sarebbe poi così male morire, sapendo però di aver salvato chi l’ha fatto rinascere.