La bambola che galleggia su un cumulo di detriti e una piccola scarpa da ginnastica (presumibilmente di una ragazzina) che affiora dalle macerie: sono le immagini più toccanti nella memoria di Andrea Arizia, trent’anni, responsabile della Croce Rossa di Orte e sui luoghi del terremoto dalle primissime ore di mercoledì scorso. Il suo racconto è uno spaccato di ciò che ha visto e provato nei tre giorni in cui ha operato con una trentina di colleghi nella zona del disastro.
“Già al momento della prima scossa – spiega – ci eravamo mossi nell’area di nostra competenza, cioè Orte, Gallese e Vasanello. C’era gente per strada e c’era bisogno di dare una mano. Poi, il coordinamento regionale ha dato disposizione di partire verso la zona del disastro. Nell’autocolonna, un’ambulanza (altre sei era stato già inviate in precedenza da tutto il Viterbese), due mezzi e altrettante squadre per il soccorso speciale e altri veicoli di supporto. Siamo arrivati ad Amatrice intorno alle 11 di mercoledì; da lì ci hanno inviato nella frazione di Cossito e successivamente in quella di Castel S. Angelo”. Per Andrea Arizia si è trattato del primo impegno con un disastro di grandi dimensioni, per quanto sia delegato di “Area 3”, quella appunto che si occupa di catastrofi ed emergenze in genere. “Non avevo partecipato ai soccorsi per il sisma dell’Aquila – spiega – ma non è stato tanto l’impatto con i tanti cadaveri che purtroppo abbiamo dovuto recuperare a colpirmi, quanto l’immagine di quelle case sventrate… Lo so, il paragone è fuorviante e, per certi versi, anche irriverente, ma ho avuto l’impressione di guardare quelle case di bambole in cui si vede solo la parte anteriore. Ecco, mentre scavavamo spesso a mani nude al fianco dei vigili del fuoco (uomini meravigliosi che non si tirano mai indietro), alzavo gli occhi e davanti a me vedevo uno spettacolo spettrale: abitazioni dove fino a poche ore prima la vita di ogni giorno scorreva con regolarità, sventrate letteralmente: accasciate su se stesse. Messe a nudo nella loro quotidiana intimità…”.
E’ vero, il lavoro di Andrea Arizia e dei suoi colleghi comporta anche la pietosa opera di composizione dei cadaveri; ci si fa l’abitudine, purtroppo, però la sgomento dinanzi a particolari che indicavano in maniera chiara la presenza di bambini è ancora vivissimo nella sua mente e nella sua memoria. “Sia a Cossito che a Castel Sant’Angelo, per fortuna, i sopravvissuti erano stati già messi in salvo – continua -. Quando, in base alle indicazioni degli stessi residenti, ormai erano stati recuperati anche tutti i corpi sepolti sotto i detriti, ci hanno fatto spostare nella zona rossa di Amatrice, nei pressi dell’Hotel Roma. Abbiamo operato in diverse strade limitrofe a quell’albergo, diventato ormai famoso perché lì hanno trovato la morte diverse decine, forse centinaia, di persone. Anche lì, le stesse immagini di desolazione e di distruzione, mentre continuavano a susseguirsi le scosse di assestamento che buttavano giù quel poco che era rimasto in piedi e che mettevano a rischio anche l’incolumità di chi stava lavorando. Un ragazzo che operava con noi è rimasto leggermente ferito proprio a causa di un’altra scossa un po’ più intensa delle tante altre che si sono continuamente susseguite”.
C’è un episodio che Andrea non riesce a dimenticare: “Il papà di una ragazzina di 14 anni che si era salvato e che era stato ricoverato in ospedale, aveva fatto sapere che sua figlia era rimasta là sotto. Dopo la prima tremenda botta aveva ascoltato la sua voce ed era riuscito anche a toccarla, ma dopo la seconda più niente. La cercava e la chiamava, ma lei non rispondeva… In qualche modo, aveva fornito pure un’indicazione del luogo dove poteva essere. Abbiamo lavorato giorno e notte con i vigili del fuoco per cercare di individuare il corpo, almeno per dare una sepoltura degna a quella giovane: purtroppo, non ci siamo riusciti e a quel che mi risulta, quel corpo non è stato ancora ritrovato”. Questo significa che il bilancio delle vittime è ancora destinato ad aumentare… “Temo proprio di sì. Si è parlato di una quindicina di persone mancanti all’appello, ma penso che il numero sia ancora più ampio. Mi pare che il registro degli ospiti dell’Hotel Roma non sia stato ancora recuperato e quindi fino a quando non ci sarà quel riferimento, non si potrà avere un quadro preciso. E poi c’erano tanti turisti ospitati in altre strutture ricettive più piccole, come agriturismi e bed&breakfast: proprio in questi giorni era in programma la sagra dell’Amatriciana e tanta gente, come ogni anno, aveva raggiunto quelle zone. La mia sensazione è che il bilancio delle vittime sia ancora piuttosto lontano dall’essere definitivo”.
Andrea Arizia e gli altri uomini della Croce Rossa ortana sono rientrati in sede venerdì sera: adesso, il lavoro consiste soprattutto nello sgombrare le macerie e quindi tocca ad altri specialisti intervenire. “In questo momento – confessa – sento addosso tutta la stanchezza accumulata in quasi 72 ore durante le quali non si pensa alla fatica o al sonno o alla fame. Sento dolori dappertutto ma se fosse necessario sarei pronto a partire anche subito”. Che cosa pensa la gente così colpita negli affetti e nelle cose più care: “Ho sentito spessissimo la frase ‘abbiamo perso tutto’, ma negli occhi di quelle persone leggevo il dolore e pure la voglia di non arrendersi, di non mollare. Certo, si è ancora nella fase dell’emergenza, ma ho incontrato gente dura e abituata a lottare. Ne sono sicuro: ce la faranno a risalire. E compatibilmente con le necessarie ragioni di sicurezza, nessuno di loro è disposto ad andare via: anche chi abitava nelle più sperdute frazioni, vuole rimanere lì e continuare a vivere e a lavorare nei luoghi in cui ha vissuto e lavorato da sempre”.
Che cosa resta nell’animo di questa esperienza terribile e, nello stesso tempo, gratificante? “Una tristezza infinita soprattutto per i bambini e i giovanissimi che hanno perso la vita. Quando vedevo giocattoli tra le macerie o indumenti per i più piccoli, mi si stringeva il cuore. Ripeto, il nostro lavoro porta spesso a confrontarsi con la morte, anche violenta, ma quando le vittime sono di tenera età, i sentimenti sono diversi: si resta senza fiato. Ma una certezza, pur nell’immenso dolore di questi giorni, la porto con me: sono certo che quelle popolazioni sapranno rialzarsi e ricominciare”. Grazie, Andrea.