Solo 16 su 60. Sono poco più di una quarto i comuni della Tuscia che, secondo i dati diffusi dalla Protezione civile e aggiornati a fine 2015, hanno provveduto a dotarsi di un piano di emergenza per calamità naturali, come i terremoti. Se le scosse che hanno colpito le province di Rieti e di Ascoli il 24 agosto scorso, dunque, fossero arrivate nella Tuscia, c’è da presupporre che tre quarti del Viterbese non avrebbe saputo come affrontare l’emergenza.
Blera, Carbognano, Castel Sant’Elia, Celleno, Faleria, Gallese, Lubriano, Marta, Monterosi, Nepi, Onano, Ronciglione, San Lorenzo Nuovo, Soriano nel Cimino, Vasanello, Vejano, Vignanello e Viterbo: elencati in rigoroso ordine alfabetico, sono questi i sedici centri della Tuscia che hanno predisposto un piano. Mancano, a sorpresa, Tuscania, pur colpita dal terremoto anni fa, ma anche Tarquinia, Montalto di Castro e Orte, dove le alluvioni degli ultimi anni hanno lasciato il segno.
Tutte le regioni italiane, esclusa la provincia autonoma di Bolzano, hanno comunicato al dipartimento della Protezione civile della presidenza del Consiglio dei ministri il numero e l’elenco dei comuni che hanno predisposto piani di emergenza. Nel Lazio ci sono 387 Comuni, ma solo 153 hanno adottato tali provvedimenti. Di questo, solo 16 si trovano nella Tuscia. Una percentuale pari al 40%. In Italia, su 7954 comuni, hanno predisposto i piani di emergenza 6159, pari al 77% del totale.
Nonostante gli esperti parlino, restando nella stretta attualità del terremoto, di rischi di catastrofi possibili anche nel Viterbese, la maggior parte delle amministrazioni del territorio non ha pensato di prevedere – o non le ha comunque comunicate alla Protezione civile – nessuna procedura operativa di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità, nessuno strumento di coordinamento di eventuali soccorsi a tutela della popolazione e dei beni in un’area interessata dalle emergenze.