Una scossa, già. Servirebbe proprio una bella scossa. L’Italia si dimostra ancora una volta il paese del “dopo”. Mai una volta, una, che si badi alla prevenzione. No, abbiamo bisogno di cadaveri per svegliarci. Per riprenderci momentaneamente dallo stallo, per piangerci addosso, fermo poi (ri)cadere nuovamente sui soliti errori.
Amatrice oggi. Certo. Ma L’Aquila prima e in mezzo l’Emilia. Siamo forti, fortissimi, nelle emergenze. Solidali. Pronti a pelare tonnellate di patate per il vicino (la prima settimana, chissà invece tra un anno quanti volontari ci saranno ancora là). Siamo delle pippe, però, quando si tratta di pianificare. Di osservare il mondo con una goccia di lungimiranza. Che fa più rumore un Bertolaso che nasce di un intero piano che metta a norma gli edifici (senza morire).
E così pure la Tuscia, che dell’Italia è una perfetta riproduzione in scala, sta dando del suo. Vigili del fuoco, amatriciane in tavola, secchiate di comunicati, raccolte fondi. Una settimana da protagonista, insomma. La provincia di Viterbo ha risposto presente. Con voce profonda e mani operose. E più di altre volte, a vederla bene. Magari perché questo, di terremoto, lo abbiamo sentito sotto il culo. Magari perché, inoltre, il 5 giugno scorso la terra aveva tremato anche qua, a Castel Giorgio.
Meno di cento giorni, e un incubo che ritorna. E ci si chiede: oltre a partire e andare ad aiutare i connazionali (che è bello, bellissimo, rimarchiamolo), cos’altro abbiamo fatto in questi tre mesi? Da scossa a scossa, con la paura dell’”oggi a te domani a me”, ci siamo attrezzati?
No, assolutamente. Solo 16 comuni su 60, in zona, hanno un piano di emergenza per calamità naturali. E dalla lista, per dire, mancano Tuscania (che venne giù quasi per intero) e Tarquinia (tre alluvioni in pochi anni).
Tra quei sedici, però, c’è Lubriano. Un buchino di paese che manco arriva a 1000 anime a momenti, ma che ha deciso di provarci. A Lubriano, per chiarire, oltre al piano di evacuazione, ci sta anche la scuola antisismica. L’istituto del sapere è stato costruito secondo criteri che se succede qualcosa rimane intatto. Pare poco. Ma in realtà è tantissimo (L’Aquila insegna). Perciò, giacché la scuola di Lubriano è funzionale e sicura, a breve verrà chiusa.
Di bambini ne nascono pochi, e quindi li si accorpa con quelli di lì intorno. “La legge dei numeri supera quella delle macerie”, ci dicono. E i pupi lubrianesi (asilo e elementari) se ne andranno a Bagnoregio, così poi come diversi coetanei della Teverina.
Non sappiamo con precisione se la scuola di Bagnoregio sia anch’essa antisismica. Sappiamo però che Bagnoregio non è tra quei sedici comuni. E se mai dovesse capitare un “tragico evento”, come li definiscono in tivù, il rischio è che per un giorno la città che muore non sarebbe solo Civita, ma anche il borgo che la ospita.