Dice: e quale sarà mai il bello di vivere in Tuscia? Magari, per fare un esempio, ci si può svegliare la mattina, andare a lavorare, e una volta giunti in sede, eccotela servita. Lei, quell’ispirazione incredibile che ti travolge. Che ti fa pesare meno la quotidianità. Che ti permette di campare e allo stesso tempo di dedicarti alle tue cose. Non serve molto, a vederla bene. Bastano una finestra, o in questo specifico caso una saracinesca, ed un tantino di immaginazione. Di estro. Di cultura. E il gioco è fatto.
Da una mesata scarsa Viterbopost ha il piacere di ospitare, ogni lunedì, un articolo che esce fuori dagli schemi provinciali. Un riassunto, una panoramica di classe, su quanto avvenuto nel mondo la settimana precedente. Il pezzo, che porta sempre il medesimo nome, si chiama “Corto circuito a sali e tabacchi”. La firma invece, inconfondibile, è quella tronca di Carlo Quondam. Tronca perché all’anagrafe Carlo è seguito da Quondam e pure da Angelomaria. Ma il solo pensiero di mettere una firma lunga così farebbe impallidire chiunque. “Piuttosto siglo con una X, signora mia”.
Avanti. Quondam (e basta), che è un giornalista di lungo corso, oggi come oggi risiede a Lubriano. Laddove, come poi saprete se vi è successo di imbattervi nei suoi pensieri (e se non li conoscete andate obbligatoriamente a cercarli), è divenuto il tabaccaio ufficiale. Vende le signore-marlboro, i sigari lunghi, i tabacchi per la pipa e anche la cartine. Ma non solo. La cosa simpatica infatti è che dopo diversi anni spesi dietro una tastiera, ora ha fatto il grande salto. Sta davanti. Nella sua bottega distribuisce pure giornali e riviste. È in un certo senso passato dall’altra parte della staccionata, pur rimanendo sul pezzo.
Il modo di sapere come girano il pianeta ed i suoi curiosi abitanti, perciò non gli manca. Statene certi. Così come le idee, che puntualmente regala nel “Corto circuito”; affiancandole oltretutto ad altre che riporta invece sul suo blog “Tql” (piattaforma WordPress). Da qualche mese però Carletto si è cimentato anche in un’altra avventura. Quel negozio, quella carta stampata, quell’affaccio sui Calanchi, gli hanno messo in moto tutte le rotelle.
Ed eccoci quindi giunti al perché. Al motivo per cui stiamo parlando di un lubrianese (e no, faccende alla Novella 2000 non ci interessa di riportarle). Dopo discreti studi, una lunga pratica nel riempire di nero pagine bianche, ed un panorama che di sicuro concede goduriosa ispirazione, Quondam ha partorito un romanzo. Un bel romanzo.
“Inverni”, il titolo. Appresso: “La città che muore”. E qua si comincia a capire il (lungo) discorso d’apertura sulla Tuscia. Ma andiamo oltre e proviamo a riassumere in quattro parole il libro. “La storia di una crescita e una fuga. Il protagonista cerca la salvezza nella bellezza. Grazie all’aiuto di una guida conosce la poesia e l’autore Juan Rodolfo Wilcock. Alla fine troverà la città che muore. Un luogo reale e contemplativo. Un luogo da dove può ricominciare la vita”.
Voilà. Eccola, l’ambizione del giovane talento nella sua opera prima. Il prodotto finito è scritto per intero dentro la tabaccheria. Sarà inoltre venduto a “chilometro zero” nella stessa sede. E, per chiudere in bellezza, parla di Civita di Bagnoregio, che sta là davanti. Non solo, a breve saranno quaranta anni dalla scomparsa di Wilcock. Morto, manco a dirlo, proprio a Lubriano.
Poi dice cosa ci sarà mai di bello a vivere in Tuscia. Chiedetelo pure a Quondam. Saprà darvi valide argomentazioni, potete scommetterci.
La città che muore rivive nel romanzo
"Inverni": una storia scritta e venduta in tabaccheria. Civita e Wilcock protagonisti
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