Noi del Post, eternamente fedeli al lettore (perché ce ne abbiamo uno in tutto), non scriveremmo mai una notizia senza prima averla verificata di persona. Così, in occasione di questo Ferragosto, abbiamo pensato che sarebbe stato fico darvi (dargli, al lettore di cui sopra) dei pratici consigli culinari. Che in certi giorni si è sempre in tanti, il sole brucia, il bagnetto è d’obbligo e non si sa mai cosa preparare. Ok, ma a chi rivolgersi? Ché quello meglio della redazione al massimo sa fare la pasta in bianco?
Siamo così andati ad interpellare due professioniste del settore, Antonella e Miriam. Le titolari de “La piazzetta del sole” a Farnese. Ci siamo presentati a cena, ci siamo scofanati praticamente tutto il menù, e poi (dopo aver pagato, sia chiaro) gli abbiamo chiesto se quanto assaggiato si poteva riportare su carta. Pizzicando qua e la dei piatti, perfetti (a giudizio insindacabile) proprio per il giorno 15.
Bene. Quanto segue è il racconto di una lunga serata. E naturalmente, premessona, ogni chef che si rispetti ha i suoi segreti(e Antonella sa bene come farsi rispettare). Ci limiteremo pertanto a descrivere solo parte degli ingredienti e delle sensazioni in pancia. Che a volte un “ammazzachebono” vale più di mille cose “sensoriali”. Coi sensori non ci si mangia, diceva quello.
Due antipasti, per cominciare
Il primo (nel senso di antipasto, non di pasta) è semplice. Talmente tanto semplice che lo riprenderesti e lo riprenderesti e lo riprenderesti. Alla base c’è un lettino di rucola, quella vera (abbasso le buste). E sopra dormono in santa pace alicette marinate. Tutto qui? No, Al terzo piano, l’attico, eccoti la cipolletta rossa di Tropea. Ed il mondo ora veramente ha un altro senso.
Avanti. Intorno ci stanno dei pomodorini dell’orto, si vede lontano un miglio che sono loro. Dadoladi. Dadolati. Insomma, fatti a dadini e con una emulsione di qualcosa (olio e?) agrodolce che mammamiachetelodicoafare. Ma quel coso scuro al centro, invece? È un tortino di melanzane. Cuore morbido e buccia a stringerlo. Che tenerezza. E come si sente la mentuccia, azzarola se si sente.
Il primo
È estate, gente. E ci stanno le tagliatelle fatte a mano con la coda di rospo e le barbe di finocchietto selvatico (aromatizzate al limone, tiè, questo lo abbiamo capito). Quindi, le prendiamo? Si, no, forse. Io però provo la pappa al pomodoro. Come cantava quella fregnetta. E pure qui pomodoro sì, ma del nonno. Tiepido. E con al centro una sorta di mousse di fiordilatte. Bis, signorina. Bis.
I contorni
Dice: ma il secondo? Ok che è un articolo descrittivo, ma mica posso scoppiare. Sorvoliamo così con dispiacere il baccalà al forno e via, dritti verso la patata (senza doppo sensi). Arrosto. Inutile descriverla. Tutti la conoscono la patata (arrosto). Scrocchierella. Oliosetta. Col rosmarino. Dieci più più.
E ancora, caponatina. Non troppo fredda, non troppo calda. Col pane da inzuppare. Peperoni, melanzane, cipolla, zucchine, sedano, pinoli, uvetta e qualcosa ce lo siamo perso sicuri. Gnam.
Dolce
Mousse al profumo di limoni con salsa di lamponi. “Ciao mamma, stasera esplodo”. Ma con gusto, però. De core, direbbero a Cambridge. La mousse una bomba, i lamponi perfetti e in mezzo il croccante che non ti aspetti (rima).
Il vino
Sceglie la Miriam. E noi ci si fida. Che ci presenta etichette naturali, senza solfiti. Da tutta Italia, da mezza Europa e pure da un poco più in la. Ci versa un “Lacaldera” firmato Occhipinti. Aleatico locale. Da Gradoli. E cacchio se fa bene a non muoversi troppo di casa.
Copiate, gente. Oppure modificate, che la cucina è arte. O mangiate ciò che meglio credete. Tanto noi abbiamo dato. E buon Ferragosto.