L’argomento sta sulla bocca di tutti. Al punto tale che il continuo vociferare ha quasi reso accettabile, se non normale, una situazione che definirla di emergenza è poco. E poi ci sono loro. Che parlano quasi per niente e agiscono molto. Che ti rimettono coi piedi per terra. Che ti fanno capire, un po’ come i volontari internazionali impegnati a Lesbos, che la realtà è ben altro. Che il mondo non gira per come lo definiscono in tanti, ma per come lo vivono in pochi (sempre troppi, a dire il vero).
Dieci bambini provenienti dal Saharawi sono ospitati in questi giorni nell’ostello della pace e della solidarietà nel Mediterraneo, struttura di accoglienza gestita dall’associazione Volontari assistenza disabili a Tarquinia, zona Lido. Hanno tutti un’età compresa tra 10 e 11 anni e sono accompagnati da due adulti, Fatma e Alì.
Hanno trascorso un primo periodo a Canale Monterano, ospiti del Comune, e hanno poi ricevuto il sostegno del Comune di Capranica, delle confraternite, della locale Proloco e dell’Avis.
Dalla fine di luglio sono ospitati dall’Avad (acronimo di cui sopra) e lì rimarranno fino al 23 agosto, quando faranno rientro nella loro terra d’origine. Oltre a trascorrere le vacanze, in questo periodo sono sottoposti a controlli sullo stato di salute, effettuati da medici, pediatri e dentisti, che si sono messi a disposizione gratuitamente per la loro cura.
Inoltre, i bambini hanno visitato il Museo etrusco e la necropoli, grazie all’interessamento di Umberto Magrini e nei prossimi giorni, grazie al professor Carlo Bicchierini e al suo staff, impareranno a nuotare.
“Anche quest’anno i bambini saharawi trovano da noi un’oasi pace e serenità – dice Paolo Bellucci, presidente dell’Avad – prosegue così il sogno di mio padre Filiberto e di Luigi Daga, che molti anni fa fecero nascere questo ostello per farlo diventare un punto di riferimento per l’accoglienza e la pace nel Mediterraneo. Non dimentichiamo che in estate la nostra associazione accoglie anche persone con varie disabilità. Ringrazio la fondazione Cassa di risparmio di Civitavecchia e i privati e le aziende che a vario titolo danno il loro prezioso contributo”.
Quello Saharawi è un popolo dimenticato da tutti, un popolo senza Stato, un popolo in esilio che subisce l’occupazione straniera e che è costretto a sopravvivere in campi profughi. Ma, nonostante tutto, non abbandona la propria terra.
Nel 1975, con gli accordi di Madrid, la Spagna cedette la sua colonia, il Sahara occidentale, a Marocco e Mauritania. Nel 1979 fu raggiunto un accordo con la Mauritania, mentre il Marocco costruì otto muri lunghi 2.720 chilometri che tagliano ancora oggi in due la terra abitata dal popolo sahariano. Il problema è essenzialmente economico: il Sahara occidentale, in gran parte desertico, é ricco di risorse minerarie ed è proprio sullo sfruttamento di questi giacimenti che ruota la tragedia delle tribù Saharawi, che nel 1976 hanno costituito la Repubblica Araba Saharawi democratica, dal 1982 stato membro dell’Organizzazione dell’unità africana.
Nell’ottobre 2015 una violenta alluvione ha colpito i campi profughi del sud dell’Algeria e 17mila famiglie hanno perso la propria precaria abitazione. Ma i Sahariani non si arrendono e auspicano che presto saranno riunificati in un’unica Nazione.