Da oggi siamo tutti in debito. Tutti. Nessuno escluso. E anche chi si è comportato bene (pochi, ad essere sinceri) sconterà le colpe degli altri.
La terra entra in riserva. È ufficiale. E l’uomo, che dovrebbe essere il suo abitante più evoluto, è l’unico artefice di questa barbarie. Gli scienziati lo chiamano “Earth overshoot day”. Che tradotto sarebbe: signori, tracciamo una linea. D’ora in avanti consumeremo il futuro. Inutile a dirlo, quella linea col passare del tempo è sempre più corta.
L’8 agosto 2016 il conto corrente planetario (così lo definisce Repubblica) si è azzerato. Basta cibo. Stop alle risorse. E pure la legna è terminata. Ma no, sereni, non moriremo tutti. È solo che da stamane stiamo mangiando animali che non si sono ancora riprodotti (e non è propaganda vegana) e bruciando alberi che, logico, non cresceranno più.
A chi togliamo spazio? Dov’è che andiamo a rosicchiare? A chi verrà poi. A chi, per stringere, ancora non c’è. “Caro figliolo, se non sapete come sfamarvi, sappi che è merito del babbo e della mamma”.
Il calcolo è stato reso noto dal “Global footprint network”, che ha ideato un metodo (funzionale, ahinoi) di misurazione del consumo. Oggi, a detta loro (il 13 agosto nel 2015, perciò si va peggiorando) comincia ufficialmente il sovra-sfruttamento della terra. Si registra una necessità maggiore in confronto alla produzione. E non è una faccenda legata solo a ciò che si ingurgita, che basterebbe mettersi a dieta. Il cataclismo tocca doversi aspetti. Per dirne uno: mari e verde non riescono ad assorbire l’anidride carbonica che emettiamo. Per un cane, il classico che si morde la coda, capace di accelerare lo squilibrio climatico (ergo, desertificazione e inaridimento).
“Un nuovo modo di vivere, più in armonia con il pianeta, è possibile e porterebbe molti vantaggi, ma richiede impegno per realizzarlo”, commenta sempre su Repubblica Mathis Wackernagel, responsabile del Global footprint network. Che aggiunge: “La buona notizia è che questo obiettivo è attuabile con le tecnologie disponibili ed è economicamente vantaggioso, dato che i benefici complessivi sono superiori a costi. Si possono stimolare settori emergenti, riducendo i rischi e i costi connessi a settori imprenditoriali senza futuro perché basati su tecnologie vecchie e inquinanti. Ma a patto di trovare una risorsa che noi non misuriamo, la volontà politica di sostenere il cambiamento necessario”.
E qualcuno che fa guardare al domani con meno pessimismo c’è. Il Costa Rica per esempio genera il 97% della sua elettricità da fonti rinnovabili. Anche il Portogallo, la Germania e la Gran Bretagna hanno, sia pure per un tempo molto ridotto, fatto lo stesso. E la Cina si sta impegnando. L’Italia è molto indietro, ovvio.
Nel mentre, comunque, l’ago della bilancia pende dalla parte sbagliata. E noi siamo qua, a sgranocchiare il futuro dei nostri figli.