CVD. Che nei teoremi di geometria o di analisi o di qualsiasi altra branca della matematica è il sogno agognato: come volevasi dimostrare. Già, sapete qual è l’unica società privata che ha manifestato interesse nei confronti di quel carrozzone sgangherato e oberato di debiti (qualunque cosa dica l’ultimo bilancio approvato) che si chiama Talete? Acea, of course. Come tante volte ipotizzato e scritto anche su queste colonne. Il colosso dell’energia e della gestione idrica, quotato in Borsa e partecipato al 51% dal Comune di Roma e per il resto da privati tra cui la potentissima famiglia Caltagirone, non è stato insensibile al “richiamo della foresta” e ha risposto presente alla chiamata dei vertici dell’azienda che gestisce il servizio idrico nella Tuscia (quasi tutta).
Questa manifestazione di interesse non significa assolutamente che Talete finisce in mani private. Il cammino sarà lungo, ma intanto si è aperta una breccia nel muro del “pubblico a tutti i costi” che ha rappresentato il mantra degli ultimi anni di associazioni, comuni e altri portatori di interesse (come si suol dire) che ripetono continuamente che l’acqua è pubblica e non si tocca. Principio sul quale nessuno ha nulla da eccepire: quel liquido che, per definizione, dovrebbe essere incolore, inodore e insapore (che nostalgia per i vecchi, cari libri di osservazioni scientifiche: una volta si chiamavano così) è un bene pubblico intangibile. Ciò di cui si discute riguarda la gestione che è tutt’altra cosa, evidentemente. E se la gestione affidata a mani totalmente pubbliche si è dimostrata incapace nel corso degli anni, tanto da arrivare all’attuale situazione, allora ben venga l’ingresso dei privati. Il modello è quello di Roma: maggioranza nelle mani del Comune (nel caso della Tuscia, dei Comuni), gestione affidata a manager espressi dalla parte privata, rigoroso controllo di tariffe e qualità dei servizi. Tutto qui: perché scandalizzarsi tanto? Al cittadino comune interessa semplicemente questo: che poi la bolletta venga pagata a Talete o alla società Pincopallino, cambia davvero poco. Per inciso, val la pena ricordare che il campidoglio incassa ricchi dividendi da Acea…
Detto tutto questo, rimane ancora aperto il fronte di quei 908mila euro che Talete ha iscritto in bilancio come credito e che invece non risultano come debito nel bilancio del Comune di Viterbo. In Consiglio comunale, il consigliere Claudio Ubertini (Forza Italia) è stato molto chiaro: “O ci spiegate come stanno davvero le cose entro una settimana oppure mi rivolgo alla Procura della Repubblica”. Una presa di posizione ferma che non è più soltanto politica, ma che comincia a paventare aspetti giudiziari anche di natura penale. La situazione è chiara: ci sono due aziende (pubbliche, che più pubbliche non si può) come Talete e il Comune di Viterbo. Se da una parte c’è un credito, dall’altra deve risultare un debito. E viceversa. Se non è così, qualcosa non funziona. Con l’aggiunta che nel caso in cui su quella benedetta somma non si arrivasse ad una conclusione, gli amministratori della società idrica dovrebbero immediatamente comunicarlo ai soci. E trattandosi di una somma che è più del doppio del capitale sociale di Talete (pari a poco più di 400mila euro, potrebbe addirittura scattare la messa in liquidazione. Almeno questo dice il vigente codice civile.
E ancora si sta arzigogolando su privati sì, privati no… Che arrivino presto. Il più presto possibile.